Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

Lirico, il grido d'allarme della Cgil

Fonte: L'Unione Sarda
26 febbraio 2010

Teatro. Lettera aperta a sindaco, Regione, consiglio di amministrazione e pubblico

«Deficit invariato dal 2004, serve un deciso cambio di rotta»

È vero che i fondi sono sempre di meno. Ed è anche vero che spesso arrivano in ritardo. E qualche volta non arrivano nemmeno, come nel caso dell'extra Fus (Fondo unico per lo spettacolo) del 2009: 5,2 milioni garantiti dal Governo e mai accreditati nei conti della Fondazione del Teatro lirico. Ma è anche vero che il deficit era di 25 milioni nell'era pre Maurizio Pietrantonio (in sella dal 2004) ed oggi è esattamente lo stesso, a fronte di un calo della qualità e della quantità delle produzioni e di un ridimensionamento dell'attività nel territorio. E siccome il soprintendente «era stato chiamato per sanare i conti», la Cgil, attraverso una lettera aperta a sindaco, Regione, cda, lavoratori e pubblico, chiede chiarimenti.
«SERVA UN MANAGER» «Serve un manager», dice Giuseppe Nonnis, leader provinciale del Sindacato lavoratori comunicazione. «Uno che rimetta in cima alle priorità la trasparenza e l'efficacia della gestione, uno che non tenti sempre di risolvere i problemi attraverso i legami con la politica e aggiusti i conti nel corso dell'anno. Uno che restituisca al teatro il prestigio in ambito regionale, nazionale ed internazionale».
Non è una palese richiesta di dimissioni, come quella resa pubblica dalla Rsu alla vigilia dello sciopero del 19 febbraio. Ma un invito ad assumersi le responsabilità. «Non spetta a noi dire chi deve gestire il teatro», spiega il segretario generale Enzo Costa. «A noi interessa che si salvi la principale fabbrica culturale dell'Isola, che garantisce lavoro a 300 persone. E che a farsi carico del suo futuro sia anche la Regione».
I NUMERI L'analisi della Cgil parte dai numeri: il deficit di 25 milioni, appunto, il costo del personale (18,5 milioni), i 9 milioni che erogano Stato e Regione (se diminuisce il primo cala automaticamente anche il secondo), i due milioni e mezzo che versa il Comune e gli 850 mila che ha garantito la Provincia. Tutti fondi che arrivano in ritardo, ammette il sindacato. Tutto questo costringe la Fondazione a ricorrere alle banche e a pagare 850 mila euro all'anno di interessi passivi. E qui c'è un altro punto dolente. «Nel bilancio preventivo del 2008 c'erano 13 milioni di debito con le banche che a consuntivo sono diventati 16. L'anno successivo», rimarca Nonnis, « hanno iscritto a bilancio 13 milioni che a consuntivo sono diventati 19. Che senso ha ripetere le stesse cifre?».
LE SOLUZIONI Che cosa serve per uscire da questa crisi pluriennale? «La capacità di agire da manager slegandosi dalla politica e di pianificare il futuro in modo trasparente e assieme ai sindacati, che sono pronti a fare la loro parte anche migliorando la produttività». Serve anche «utilizzare il patrimonio che si possiede, come le scenografie, anziché acquistarne sempre di nuove (solo per la Boheme sono stati spesi 350 mila euro, ed è solo una delle quattro opere annuali)».
E serve, in tempi di tagli, «evitare di ricorrere ad assunzioni con logiche clientelari, come si fa abitualmente in tutti i settori. Se i vertici non sono capaci di cambiare rotta», è il messaggio, «si cambi, prima che sia troppo tardi». (f.ma.)

26/02/2010