Rassegna Stampa

La Nuova Sardegna

Fonsarda e il cemento, venti storie sulla battaglia di un quartiere

Fonte: La Nuova Sardegna
23 febbraio 2010

MARTEDÌ, 23 FEBBRAIO 2010

Pagina 2 - Cagliari

Franco Melis rievoca una indimenticabile lotta degli anni Settanta






STEFANIA SIDDI
CAGLIARI. Città giardino. Un nome suggestivo per una zona che doveva rappresentare l’alternativa ai palazzoni cresciuti nella fretta del dopoguerra. Nelle intenzioni voleva essere un quartiere con strade larghe, spazi verdi, esercizi commerciali e luoghi di incontro per favorire la vivacità sociale. Ma alle dichiarazioni non seguirono i fatti e negli anni 70 la fantomatica zona divenne semplicemente il quartiere Fonsarda, dal nome della stessa società immobiliare che edificò altri casermoni fra campi aridi e strade sterrate, fangose in inverno e polverose in estate. Ben presto il quartiere si popolò di gente comune, ma anche professionisti, funzionari, impiegati, immigrati dai paesi dell’interno e tanti giovani. Era l’indomani delle contestazioni studentesche e ben presto nacque anche Il Centro di cultura democratica, preliminare ad azioni politiche del Comitato di quartiere. E quando un palazzinaro tentò di riempire di altro cemento gli ultimi sterrati che, in attesa di diventare spazi verdi, venivano usati come campetti di calcio, gli abitanti si ribellarono. Sotto il tendone del circo Embell Riva, una sera si riunirono almeno duemila persone per dire no al cemento, no alla lottizzazione Vigna. Franco Melis, un protagonista della ribellione, ha voluto raccontare quel tempo nel libro «Quei giorni a Fonsarda - Venti storie inventate, forse tutte vere», edito da Aipsa. Ironia della sorte, ma non casualmente, il libro è stato presentato al T-Hotel, il luogo su cui gli abitanti impedirono la costruzione di una centrale della Sip.
Venti storie flash in cui vicende pubbliche e private, memorie di vita quotidiana, azioni politiche, amori e intrighi, fatti veri e finzione letteraria si intrecciano per raccontare una società che non esiste più.
Erano anni in cui lo spirito democratico, la coesione sociale e le battaglie per un ideale giusto erano ancora dei valori, in cui sembrava possibile «immaginare un futuro dove potessero convivere senza accapigliarsi le idee di Mao e di Gesù, Gandhi e Mandela, Che Guevara e Madre Teresa».
Tempi lontani se si pensa a quanto accade oggi a Tuvixeddu, dove non si registra la partecipazione degli abitanti di Sant’Avendrace e dove la partecipazione democratica è ormai utopia.