Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

Ballando fra cerchi e quadrati

Fonte: L'Unione Sarda
18 giugno 2008


Cerchi, triangoli, quadrati, semisfere che rotolano sulla scena. Giocattoli enormi, di acciaio e legno e alluminio, per bambini giganti. Giocattoli che contengono i corpi dei danzatori. E i danzatori non si limitano ai movimenti del balletto e della danza moderna ma esplorano quelli della ginnastica, delle arti acrobatiche, dello yoga, della capoeira, della vita di tutti i giorni: camminare, correre, inchinarsi, voltarsi. Uomini e donne che, nella bellezza (e nel pericolo) del movimento, esplorano quei grandi solidi: li scalano, ci si arrampicano, ci si nascondono dentro e dietro, ci si appendono, volano da uno all'altro, tentano di domarli.
È tutto giocato sul contrasto fra la concretezza dei corpi umani e l'astrattezza della scena, Dreamcatcher , lo spettacolo disegnato da Jacques Heim (autore di Ka , il maggiore successo de Le cirque du soleil) che la compagnia di danza statunitense Diavolo Dance Theatre metterà in scena venerdì all'Anfiteatro romano di Cagliari e lunedì prossimo a Nuoro. È una danza che nasce sulla strada, atletica e acrobatica, e vive di contaminazioni fra generi diversi e fra livelli alti e bassi di cultura. «Un'insalata», semplifica Heim, francese ma trapiantato negli Usa, per spiegare ai giornalisti sardi di che si tratterà: «Una raccolta di frammenti». Frammenti di che? Di quei valori astratti («come la geometria») di cui si nutrono le nostre vite: «Fede, amore, passione». Bene e male in lotta. E sogni.
Dreamcatcher , alla lettera, significa “Acchiappasogni”. È il nome di un oggetto magico delle culture native americane, gli indiani d'America. Ogni bambino, in ciascuna tribù, ne riceve uno che conserverà per tutta la vita: è un cerchio di legno con dentro una rete a forma di tela di ragno e, a un'estremità, dei fili in cui sono infilate alcune perline e a cui sono legate delle piume d'uccello. L'oggetto viene appeso sopra il letto: è, secondo le leggende, un setaccio per sogni, capace di trattenere quelli buoni, essenziali per la crescita spirituale del bimbo, e di far scomparire quelli cattivi, che fanno solo paura e non insegnano nulla.
Di più, sul legame fra l'antico oggetto indiano e lo spettacolo, Heim non spiega: «Le nostre opere - sorride - sono come la pittura astratta. Lo spettatore è chiamato a dare la propria interpretazione». E un po' di mistero serve, in arte: aiuta la magia.
Unica indicazione: « Dreamcatcher è un'immersione nella fede, nella capacità di aver fiducia in se stessi».
Qualcosa in più su come nasca lo spettacolo la raccontano due dei giovani performer in scena (non ci saranno solo ballerini, ma anche ginnasti, atleti e attori) Melinda Ritchie (che si è anche occupata del missaggio e dell'editing della colonna sonora) e Ken Arata: «Il Diavolo Dance Theatre ha un proprio vocabolario fisico a partire dal quale ci esprimiamo. Jacques non è il nostro coreografo, ma il direttore artistico: lui ci dà le direttive di massima, ma noi siamo liberi di esplorare».
«Vero», conferma Heim. «La compagnia lavora in maniera collettiva. Del resto io non ho mai ballato né fatto acrobazie. Ho lasciato Parigi perché volevo fare l'attore. Il mio inglese, però, era davvero pessimo, così un amico mi ha consigliato di occuparmi di danza: almeno non avrei dovuto parlare. È così che ho scoperto la bellezza del movimento. Poi c'è un'altra componente forte, nel mio lavoro: l'architettura. Le mie pièce si ispirano all'opera di architetti come Santiago Calatrava, Renzo Piano, Le Corbusier. Mi piacciono le macchine e le forme della geometria. Ecco perché non smetto di esplorare le relazioni fra queste strutture e il movimento del corpo umano». Un modo carino per minimizzare una carriera sfolgorante: Heim, le cui coreografie sono richiestissime anche da importantissime multinazionali (dalla General Motors all'Honda), ha una cattedra di Movimento intensivo per attori all'Ucla, la prestigiosa Università della California.
Il Diavolo Dance Theater (nel cui nome, giurano i diretti interessati, code, forconi e zampe da capro non c'entrano: dia- viene dal greco e significa “attraverso”, -volo dal verbo latino, e italiano, “volare”) è nata 16 anni fa a Los Angeles e ha mietuto premi e riconoscimenti in tutto il mondo. «Fra noi - giura Melinda Ritchie - c'è un rapporto di assoluta fiducia reciproca. Quando ti lanci nel vuoto, ti devi fidare chi di deve afferrarti». Lo sanno bene i trapezisti.
Il set di Dreamcatcher è disegnato da Ada Davis e Jeremy Railton, le luci sono di Evan Ritter e John Ed Bass, i costumi di Meegan Godfrey e le musiche originali di Nathan Wang, Jean Pierre Bedoyan e Juliet Prater. Lo spettacolo, portato in Sardegna dalla società Event Group, ha ottenuto i finanziamenti di Comune e Provincia di Cagliari. Alla presentazione, ieri mattina in Municipio, hanno partecipato il sindaco Emilio Floris, l'assessore alle Politiche sociali Anselmo Piras e il funzionario Ada Lai. Dreamcatcher sancirà l'apertura ufficiale della stagione di spettacoli all'Anfiteatro romano. I biglietti sono in vendita al Boxoffice di viale Regina Margherita a Cagliari.
MARCO NOCE

18/06/2008