Rassegna Stampa

La Nuova Sardegna

«Ci penalizzano i trasporti e i monopoli»

Fonte: La Nuova Sardegna
16 giugno 2008

DOMENICA, 15 GIUGNO 2008
Pagina 1 - Cagliari



Il mistero degli aumenti in una città in crisi, i commenti dei commercianti e degli economisti



Enzo Costa: la Regione intervenga sulla grande distribuzione

ROBERTO PARACCHINI
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CAGLIARI. Un tempo chi andava a fare la spesa riempiva almeno parte del carrello. Oggi, invece, è sempre più possibile vedere persone, soprattutto anziani, che comprano un po’ di pane e mortadella, o due mele e un finocchio, o alcuni biscotti e un po’ di latte. Insomma: che spendono due euro o poco più. L’aumento dei prezzi non si ferma. Cagliari guida l’avanzata dei rincari. E vivere è sempre più difficile.
Un tempo i prezzi crescevano nei territori più ricchi, in città come Milano. Oggi, invece, gli aumenti si hanno anche, e soprattutto, al sud: oltre che a Cagliari (più 4,4 per cento), il costo della vita aumenta pure a Napoli, Palermo e Bari. Che cosa sta succedendo?
«Il problema - spiega Carlo Abis, presidente regionale della Confesercenti - è che oggi lo slittamento verso l’alto dei prezzi non deriva più da elementi territoriali, ma da questioni internazionali. In particolare da due fattori: il costo del petrolio e il mercato globalizzato». D’accordo, ma perchè i prezzi aumentano nelle zone più povere? «Certamente - continua Abis - a seconda delle zone c’è una maggiore o minore incidenza dei fattori internazionali, ma sempre in un quadro al rialzo. Noi, come Sardegna e come Cagliari, abbiamo sempre avuto dei costi aggiuntivi dovuti al trasporto delle merci. Inoltre un conto è avere un prezzo del petrolio, al barile, di quaranta dollari, altro è averlo a centotrentacinque dollari». E i commercianti? «Il mercato è fermo. Oggi nessun piccolo o medio esercente si sognerebbe di aumentare il costo dei prodotti. È importante precisare che si tratta di un’inflazione importata. I prezzi non sono più fatti dal mercato locale».
Per molti sembra che le leggi classiche dell’economia, quelle della domanda e dell’offerta, non esistano più. «Oggi assistiamo al fatto - spiega Enzo Costa, responsabile della Camera del lavoro della Cgil - che nelle aree più povere i prezzi aumentano prima. In un mercato libero, in cui la concorrenza è lineare dovrebbe essere il contrario. Ma oggi viviamo in un mercato controllato da pochi e il discorso cambia. Le catene dei supermercati, quelle che determinano i prezzi, non sono certo locali. Inoltre, e questo si sposa con quanto appena detto, chi gestisce il mercato non è più il produttore, ma la grande distribuzione». Che fare quindi? «Occorrono delle politiche di indirizzo da parte dello Stato e/o della Regione - continua Costa - almeno su due fronti. Innanzi tutto sulla continuità territoriale visto che, con l’aumento del petrolio, aumenta anche il trasporto. Poi bisogna pensare a contrattare con la grande distribuzione per avere dei costi almeno simili in tutte le regioni. Altrimenti noi, area più povera, pagheremo con prezzi più alti, i costi fissi della grande distribuzione. In pratica: in questa situazione occorre una maggiore presenza dello Stato o della Regione. Solo loro sono in grado di dettare nuove regole. Altrimenti avremo un aumento costante del costo della vita. E senza consumatori ci rimettono tutti».
Per gli economisti, però, ci sono anche altri dati che devono essere valutati. Secondo Raffaele Paci, preside della facoltà di scienze politiche, vi sono variabili non considerate. «Certamente - precisa l’economista - da noi, in città, incide il trasporto. Poi c’è il discorso sull’efficenza del sistema distributivo: da noi c’è minore competitività. E questo spinge verso il monopolio e, quindi, verso la crescita dei prezzi. Infine, però, c’è anche la questione del livello di partenza. Voglio dire che andrebbero dati anche i valori assoluti dei prezzi e non solo quelli relativi, le percentuali di aumento. Non in tutte le regioni si parte dagli stessi livelli. Il che significa che i costi, in valore assoluto, di diversi prodotti venduti a Milano, probabilmente sono maggiori che a Cagliari. Anche se da noi l’incremento del prezzo è superiore perchè c’è meno concorrenza. Il maggior aumento relativo vuol dire che ci stiamo allienando ai valori assoluti (più alti) delle regioni del nord. Poi, ovviamente, sono sempre validi i discorsi sull’aumento del costo del petrolio. Ma credo che l’Istat dovrebbe fornire anche i valori assoluti. Il quadro sarebbe più completo».