Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

L'arte differenziata

Fonte: L'Unione Sarda
13 giugno 2008



«Mi avvicinai ad un sellino e ad un manubrio di bicicletta abbandonati lungo la strada e mi dissi: “Guarda, c'è un toro”. Subito li misi insieme, chiunque li vide disse: “Guarda, un toro!”, finché un ciclista si avvicinò e disse: “Guarda, un sellino per biciclette!” e ripristinò sellino e manubrio. E ciò può continuare all'infinito a seconda dei requisiti mentali e corporei».
Pablo Picasso nel 1943 ha fatto una testa di toro così. Ma erano già trent'anni che lo scarto - l'objet trouvé, la corda o il pezzo di tela cerata o il cartone - lo intrigavano, e così un po' per tutti gli artisti delle avanguardie, Duchamp, Tatlin, Braque, Boccioni, Depero, Carrà, Ernst, Schad, Arp, Calder, Man Ray. Si potrebbe scrivere una storia dell'arte contemporanea a partire dall'utilizzo del rifiuto, ispirata com'è, la cultura del novecento, dall'idea del recupero, del riuso, delle contaminazioni, del riscatto artistico della povera cosa abbandonata. E sarebbe, attualmente, la storia dell'arte più consona, quella più politicamente corretta, nell'indignazione che ci coglie al cospetto della Campania (ma alzi la mano la regione italiana, escluso il Trentino, che, più o meno nascostamente, non ha una piccola Campania nel suo grembo). Se un secolo fa era pura tensione poetica ad ispirare, già dopo cinquanta- sessant'anni César inizia a dirci che le macchine stanno invadendo il campo - e i campi - e assembla tubi di scappamento, prende macchine compresse a cubo dagli sfascia carrozze e quelle lì sono le sue meravigliose opere. Arman, presago di un altro tipo di invasione, assembla macchine fotografiche in un quadro. Kounellis mette lì delle bottiglie di vetro impolverate, Rotella prende dalla strada manifesti e crea i suoi decollage. Metà secolo: ancora ci si salva, dai rifiuti. E dall'arte, salvifica per lo sguardo.
Ad uso di questo excursus nella monnezza d'artista c'è Trash, quando i rifiuti diventano arte, catalogo (Electa) di una mostra straordinaria tenutasi a Trento e Rovereto, curatrice Lea Vergine. Era il '97, circa vent'anni dopo il colera a Napoli, poi Seveso, poi mafia-camorra-'ndrangheta a seppellire rifiuti tossici dentro le viscere della nostra terra. I primi clandestini sulle spiagge, rifiuti sono divenuti anche quelli o i resti di quelli. Intanto era cambiato il mondo, insomma, e, con questo, i suoi rifiuti. Così, alla mostra del Palazzo delle Albere, a Trento, la gente schivava con nonchalance due barboni coricati fuori dal museo (e qualcuno avrà pure detto: «Anche qui!»). Ma erano due fantocci di Cattelan. La realtà supera l'arte, che la insegue emulandone le derive. Sui rifiuti il confronto si ostina, ma il senso, rispetto a mezzo secolo fa, appare svuotato, socialmente inutile. Il rischio è che diventi puro divertissement, bricolage creativo, giocare con scarti e scartini.
Veniamo al dunque (il catalogo Trash, comunque, dovrebbe costituire un breviario per “spazzini dell'arte”). Si apre stasera al Lazzaretto di Sant'Elia, alle 18,30, la mostra Recupage, concepita con gioiosa ed esuberante volontà dalla Fondazione per l'Arte Bartoli-Felter, con patrocinio dell'assessorato alla cultura di Cagliari e cura di Alessandra Menesini. È senz'altro l'evento artistico dell'estate cagliaritana, per numero di artisti presenti, 53, e per il coraggio a metterne in mezzo più di un terzo junior, alcuni alla prima uscita. Questo è il lavoro più apprezzabile che sta portando avanti il notaio Ercole Bartoli, che nel suo outing ha scoperto la vocazione all'arte, non solo come onnivoro collezionista ma anche come organizzatore di mostre ed eventi, in stretto contatto col Gai (Giovani artisti italiani) di Torino. Una passione che lo porta ogni anno a traghettare sull'isola giovani da accademie e gallerie di tutta Italia, dagli Appennini all'Etna (il fratello di Bartoli ha altre due associazioni artistiche in Sicilia). E non solo a traghettarli ma anche ad esserne spesso il primo azionista-mecenate. Preda di una passione che lo porta a lasciare lo studio notarile per dirigere i lavori di allestimento in prima persona, fra trapani e aspirapolvere che si accendono all'improvviso e che vanno “messi in sicurezza”, come i cocci blu di bottiglia su sezioni di binari, nel cortile.
Fra costellazioni luminose su un cielo-rullo per cavi, hamburger di pneumatici, insetti di fanalini d'auto, una pedalata su bici d'epoca collegata a carillon, Bartoli si muove a suo agio, rassicurato da alcune opere della propria collezione, inserite giusto per citare qualche padre: Mimmo Rotella, Enrico Baj, Mario Ceroli, Monica Bonvicini, Pozzati, Chris Gilmour. Tutti gli altri nomi, divisi fra junior, senior, guest e collection, bisogna vederli, più che elencarli. Per capire che il rifiuto sì, può anche diventare arte. Come dice Lea Vergine, «se l'incantesimo funziona, l'emozione si diffonde».
RAFFAELLA VENTURI

13/06/2008