Rassegna Stampa

La Nuova Sardegna

«La zona franca si deve fare»

Fonte: La Nuova Sardegna
11 dicembre 2009

VENERDÌ, 11 DICEMBRE 2009

Pagina 1 - Cagliari 



Il direttore generale del ministero sponsor del progetto



Tangeri in 3 anni ha creato 20 mila posti di lavoro diretti: qui vogliamo replicare quelle opportunità

ALESSANDRA SALLEMI

CAGLIARI. Tangeri, che è in Africa, ha lanciato il suo porto in tre anni e con la zona franca ha creato 20 mila posti di lavoro diretti. Cosa farà l’europea Cagliari con Free Zone, società morta subito dopo la nascita e incredibilmente restituita alla vita in pochi mesi? L’ha spiegato l’authority, ministero e Regione sponsor entusiasti.
L’occasione è stata il convegno «La zona franca di Cagliari per lo sviluppo della Sardegna» organizzato dall’autorità portuale proprio per illustrare i passaggi che devono portare al lancio industriale delle terre attorno al porto canale, una straordinaria occasione di «promuovere economia», come diceva ieri il presidente dell’autorità portuale Paolo Fadda. C’era il recente presidente del Cacip, Emanuele Sanna, una presenza importante perché il consorzio industriale è socio di Free Zone, ha conferito molti terreni nella società ma soprattutto è l’antico contendente delle aree. Su questo fronte la tregua resiste e la pace definitiva arriverà con la delimitazione del porto avviata dopo anni di colpevole distrazione da parte della Capitaneria. Dalle parole del direttore generale per i porti del ministero dei Trasporti, Cosimo Caliendo, è emerso che la volontà ministeriale per la soluzione della contesa è ferrea e il procedimento che deve giungere alla delimitazione sarà seguito con attenzione. Dunque, i 300 ettari di aree andranno alle imprese, il developer internazionale che sarà «accuratamente selezionato» tramite gara pubblica per affidargli il lancio di Free Zone nel mondo dovrà scegliere con l’obbiettivo di «saturare» le aree in un tempo determinato, dai 5 ai 7 anni: sono ipotesi presentate ieri da Riccardo Derisa, uno dei consulenti cui l’autorità portuale ha chiesto di valutare le opportunità economiche prodotte da una zona franca o da un distretto industriale, che avrà anche un centro servizi e altre infrastrutture. In estrema sintesi, durante il convegno diretto da Antonio Conti (segretario generale dell’autorità portuale), Fadda ha spiegato che zona franca e distretto industriale al momento hanno ciascuno un numero quasi pari di ettari, il rapporto cambierà se dal mondo delle imprese il developer ricaverà segnali di gradimento per l’una o l’altra possibilità. La zona franca è un luogo dove non si pagano tasse al paese di appartenenza, il distretto industriale è l’erede della vecchia forma giuridica della zona franca, cassata dall’Ue in nome del libero mercato. La zona franca forse sarà la chiave per rilanciare le attività manifatturiere e di trasformazione: si porta una materia dall’estero, si lavora, si trasferisce di nuovo all’estero senza pagare nulla allo Stato ospitante. Il distretto industriale è invece un forziere pieno di agevolazioni per chi si vuole insediare. Attraverso l’assessore regionale ai Trasporti Liliana Lorettu la presidenza della giunta regionale ha espresso totale adesione al progetto «Free Zone viva e prospera». La prova di sincerità arriverà molto presto, non sono per la Regione. Free Zone deve approvare il piano di sviluppo, condizione per bandire la gara internazionale (il bando è praticamente pronto) e nella società devono entrare Regione, Provincia e Comune. Il piano di sviluppo deve fare un paio di passaggi ancora in entità (comitato portuale e cda) dove sono presenti sia chi ha sostenuto il progetto, sia chi l’ha avversato. E poi ci sono i consigli regionale, provinciale e comunale che devono approvare l’ingresso in Free Zone. Quanto ci vorrà per veder fiorire le aree del porto canale: i tre anni di Tangeri o i secoli della politica italiana?