Rassegna Stampa

La Nuova Sardegna

Poetto, multinazionali del turismo in vista

Fonte: La Nuova Sardegna
10 novembre 2009

MARTEDÌ, 10 NOVEMBRE 2009

Pagina 1 - Cagliari



Un’odissea prodotta da irregolarità e omissioni pubbliche



Siamo a rischio ma abbiamo aperto una strada e l’amministrazione deve tenerne conto

ROBERTO PARACCHINI

CAGLIARI. Quale sarà il «dopo-baretti»? Gli interessati sono, ovviamente, molto preoccupati. Tra le varie questioni c’è una direttiva europea che per questi servizi prevede un bando pubblico. Sergio Mascia, portavoce del consorzio «Poetto Services», che raggruppa nove dei ventuno chioschetti, afferma che «noi vogliamo le regole, ma chiediamo che si tenga conto del pregresso, il nostro “avviamento”».
Al di là di tutto il Poetto sembra senza pace. Ma non si tratta del caso maligno, bensì delle mancanze dell’amministrazione pubblica. Prima della Regione e poi del Comune che non hanno predisposto le norme che avrebbero permesso di regolarizzare le situazioni, da un lato; e che non hanno controllato adeguatamente, dall’altro.
Ora sui servizi per il lungomare si aprono nuovi scenari possibili. Innanzi tutto va precisato che il Poetto sta iniziando a diventare appetibile anche per i grandi operatori turistici. Va ricordato che il piano regolatore permette che nell’area dell’ippodromo (sul lungomare) vengano realizzate strutture ricettive legate allo sport. Ed entro la fascia degli ottocento metri, a seconda del numero dei posti letto e delle stelle della struttura, l’albergo ha diritto a un’area nella spiaggia. A questa si potrebbero poi aggiungere i servizi per il lungomare e il tutto diventerebbe completo. In più: recentemente anche parte del Poetto è stato inserito nelle possibili zone franche da realizzarsi a Cagliari (assieme a Sant’Elia). Non vi sono segnali che facciano pensare a una scelta dell’amministrazione in questo senso, ma lo scenario è possibile e, secondo alcuni, anche auspicabile. Ma non tutti sono d’accordo: il timore è che la piccola imprenditoria locale venga ulteriormente emarginata.
Sullo sfondo, come accennato, vi sono anni e anni di mancanza di decisioni da parte delle amministrazioni e di omessi controlli. I primi baretti sono nati dopo la seconda convenzione da parte del Comune con lo Stato centrale, che rinnovò la concessione trentennale del 1926. Allora vennero concessi gli allacci idrici, ma non quelli elettrici: per tenere fresche le bibite i baretti prendevano il ghiaccio dalla fabbrica apposita di via Barone Rossi. E la fisionomia iniziale dei chioschi, con una struttura centrale e un patio (alla campidanese), era funzionale a creare ombra per non far sciogliere il ghiaccio sino a sera. Poi nell’86, assieme ai casotti vennero rimossi anche i chioschi, poi la Capitaneria (allora competente) ci ripensò: «Potemmo così ricostruirli, ma in 40 giorni ed è per questo che molti sono in cemento: non c’era il tempo per realizzarli in altro modo. Ma nello stesso anno presentammo un progetto di rimodulazione. Non c’era, però, il Pul e tutto è rimasto fermo».