Èun animale da teatro, Michele Mirabella, e questo fa la differenza. Così, se una gaffe non se la fa mancare neppure lui (in una serata che ne ha contato parecchie) la sa risolvere a suo favore, trasformandola in una irresistibile gag. Confonde l'assessore Lucia Baire con Stefania Mannu (vincitrice nella sezione inediti) ma poi scherza con lei (bravissima a reggere il gioco), ironizza su se stesso, parla a braccio senza perdere mai di vista il senso di quello che sta facendo: teatro. Perché anche la presentazione di un premio letterario risponde alle ferree regole del teatro: tempi giusti, pause, incastri.
Per la verità, la serata finale del Premio Alziator, ospitata al Lirico di Cagliari, comincia con molto ritardo, e forse è questo a spingere la con-conduttrice Nadia Bengala a correre così tanto mentre legge i nomi degli organizzatori. Compito ingrato, gli sussurra il perfido Mirabella, e come dargli torto? Il teatro è occupato anche nell'ultimo strapuntino della seconda loggia. Le file riservate alla stampa e alle autorità sono un dolce inganno per la folla accaldata che entra dopo una lunga attesa, sperando di trovare un posto libero. Quanto all'aria condizionata, chiamata a un compito straordinario, fatica a farsi sentire. Lo dice in barbaricino stretto Salvatore Niffoi, direttore artistico del premio, e riceve uno degli applausi più calorosi. Lo applaudiranno anche per il resto: per quella «continuità territoriale sarda rappresentata dalla cultura, che è il fare degli ultimi», per quella «carta di credito che si chiama amicizia e ospitalità», per «l'unica balentia che conti: quella della testa, che De André e Dori Ghezzi possedevano in sommo grado». Dori è sul palco, dolce e calma come sempre, a ricevere l'affetto dello scrittore oranese e di tutto il pubblico. La sua è una delle presenze più significative della serata: con la semplicità della figlia dell'autore della Città del sole , Cristiana, che ricorda il padre, con la simpatia del giovane scrittore di Sinnai Giovanni Carta (non Fabrizio), con la bellezza e la classe di Lila Azam, trentenne iraniana nata a Parigi e vissuta a New York, splendida testimone che sale sul palco accompagnata dal padrone di casa, il sovrintendente Pietrantonio.
I vincitori? Di Stefania Mannu ( La via del cisto ) si è detto. Per la sezione speciale ha vinto Lizzie Doron con Perché non sei venuta prima della guerra , (Giuntina). Secondi Ashur Radwa, per la Ilisso, e Al-Aswani Ala. Il critico Gianni Olla ha conquistato il primo premio per la saggistica con Dai Lumière a Sonetàula . (Cuec). Secondo Gianni Sirigu con Il falco pellegrino , (R & DT), terzo il filosofo Remo Bodei col bellissimo Paesaggi sublimi (Bompiani). Infine la narrativa: ha vinto Ugo Barbàra con In terra consacrata (Piemme), seguito da Silvia Ronchey e Gianfranco Manfredi. Barbàra, come si conviene ai vincitori, giunge al termine di uno spettacolo che ha messo insieme parole e musica: quella dedicata a De André, quella proposta dalla chitarra classica di Luigi Puddu ( Asturias ). Arriva tardi, attesissima, anche Anna Galiena, lettrice d'eccezione.
Si chiude così tra molti applausi, altrettante emozioni e alterni pareri, una lunghissima serata cominciata alle 20, davanti al Teatro, con un inedito Va' pensiero . A eseguirlo gli artisti del Coro. A mormorarlo dietro le bocche sigillate con un cerotto tutti gli altri lavoratori del Teatro in agitazione. Su uno striscione hanno scritto: Sig. sindaco perché non ci riceve?. Molti, troppi degli milleseicento e più che cercavano di entrare in sala, non li hanno neanche visti. Li ha notati Emilio Floris, che si è intrattenuto con loro, garantendo «un prossimo confronto di reciproca schiettezza», e poi dal palco, ha raccontato dell'incontro. In prima fila, ad applaudire il teatro che lotta per salvare se stesso, tra le tante autorità (Ada Lai, Maurizio Porcelli, la giuria, il comitato organizzatore), anche il saio gioioso di un francescano bonorvese: Salvatore Morittu, invitato dall'amico Niffoi a sollecitare un sostegno per i suoi ragazzi. Un “fare per gli ultimi” che è cultura, balentìa della testa. E del cuore.
MARIA PAOLA MASALA
29/10/2009