Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

I poveri sono quindicimila: anche giovani e laureati alla Caritas

Fonte: L'Unione Sarda
21 dicembre 2019

I poveri sono quindicimila: anche giovani e laureati alla Caritas

Riescono a fatica a pagare l'affitto, ma poi non ce la fanno ad arrivare alla quarta settimana. Hanno un reddito ma appena sufficiente per la casa, e nulla più. Ci sono anche loro tra i nuovi poveri che quest'anno si sono rivolti alla Caritas diocesana. Complessivamente sono 15 mila gli uomini e le donne del capoluogo che hanno richiesto gli oltre 50 servizi offerti dalla Caritas. E quasi la metà (il 47%) ha un'età tra i 35 e i 54 anni. Isolamento, precarietà (abitativa, lavorativa), malattie, bassa scolarità, conflittualità familiare: sono queste le problematiche maggiori, secondo il nuovo rapporto elaborato dal Centro studi della Caritas diocesana di Cagliari dal titolo “Tutela del creato e della pace, tra l'urgenza dell'educare e del lavoro”. «C'è ancora molta povertà», spiega don Marco Lai, direttore Caritas, «e coinvolge anche i giovani e quelli che hanno un reddito insufficiente per vivere bene», aggiunge. «La popolazione diventa sempre più anziana, ci sono sempre meno famiglie e nonostante l'impegno economico sul sociale sia cresciuto, la povertà continua ad aumentare», dice il sindaco Paolo Truzzu». Questo significa che «forse le risorse non vengono spese nel modo migliore», aggiunge. «Un'economia, per poter crescere, ha bisogno anche di una quota di gratuità e di investimenti, perché solo così si possono ridurre le povertà», spiega l'arcivescovo Arrigo Miglio.
Alla Caritas si rivolgono tutti: 7 persone su 10 sono italiane, hanno la licenza media, e sono disoccupate. Alla mensa sono stati preparati 90 mila pasti. «Un dato in calo», spiega Francesco Manca, responsabile del Centro studi Caritas. «Questo grazie al fatto che quest'anno ci sono 41 mila persone che beneficiano del reddito di cittadinanza». Preoccupa anche il dato dei laureati: più di 300 hanno richiesto i servizi della Caritas. «Il titolo di studio non rappresenta più come in passato un passaporto per il mercato del lavoro». ( ma.mad. )