Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

Quando Buoncammino era nuovo e confortevole

Fonte: L'Unione Sarda
3 aprile 2008

Nel 1859 era ambìto dai detenuti

Sembra proprio che il carcere di Buoncammino dopo circa 150 anni di vita, considerata la sua inadeguatezza sia destinato finalmente a chiudere i battenti. Eppure quel luogo di reclusione costruito nel 1859 sotto la direzione dell'ingegner Imeroni suscitò allora impressioni favorevoli per la sua modernità. Tanti detenuti in altri luoghi fecero di tutto per essere trasferiti in quel nuovo carcere dato che potevano soggiornare in ambienti «confortevoli» per quei tempi, illuminati da lanterne, usufruire di pasti regolari e con la possibilità per un ora al giorno di respirare aria pura in un apposito cortile. Condizioni umane rispetto alle detenzioni a cui i rei erano abituati prima nelle tre torri di San Pancrazio, dell'Elefante e dell'Aquila queste ultime due destinate ai detenuti politici: tutti erano ammassati in angusti locali spesso al buio e senza mai vedere la luce del sole. Non stavano meglio coloro che scontavano la propria pena nelle carceri ecclesiastiche di via Fossario, costretti a sopravvivere in stanzette umide ed oscure, infestate da insetti di ogni genere e sottoposti a fini torture per confessare anche ciò che non avevano commesso.Nel 1842 fu inaugurato il bagno penale di San Bartolomeo per ospitare i detenuti destinati ai lavori forzati nelle saline, i reclusi nelle torri videro il nuovo stabilimento come un luogo di villeggiatura e fecero di tutto per esservi trasferiti per abbandonare la tremenda detenzione a cui erano sottoposti. Il lavoro nelle saline non era certo facile e riposante in quanto i condannati erano costretti a lavorare dall'alba al tramonto, con i piedi immersi nell'acqua salmastra e trasportare pesanti sacchi pieni di sale e caricarli sui barconi. Un lavoro tremendo che fiaccava il fisico anche dei più dotati, ma pur sempre preferibile alla detenzione nelle malfamate torri. Logico quindi che quando le nuovi carceri furono a disposizione anche questi detenuti non ebbero nessun dubbio nel richiedere di poter scontare lì la pena. Anzi i delinquenti incalliti quasi preferirono quel soggiorno da reclusi con un tetto e pasti certi al vivere nelle loro povere abitazioni improvvisate tra fame e stenti.Oggi quelle carceri sovraffollate sono diventate disumane nonostante i vari ampliamenti e ammodernamenti, perciò la loro chiusura sembra certa: anche chi ha sbagliato deve poter scontare la sua pena in ambienti decenti affinché sia rispettata la propria dignità.SERGIO ATZENI