Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

L'inferno della movida sotto casa

Fonte: L'Unione Sarda
27 maggio 2019

MARINA.

Ecco come funzionano i botellon all'aperto sulle scale di piazza Santo Sepolcro L'inferno della movida sotto casa Una notte da residente tra musica metal a tutto volume e schiamazz

Le finestre coi doppi vetri, rigorosamente chiuse, quasi vibrano. In soggiorno pare di stare nel backstage di un concerto ma nella camera da letto non va meglio, anzi. Giù - dopo una carrellata di tecno, combat rap e ska - hanno appena messo musica decisamente estrema. Death metal. A tutto volume. Fanno festa, gridano, ridono e bevono. Bevono tanto. Riuscire a dormire con tutto questo frastuono non è pensabile, leggere un libro neanche. Forse è meglio andare via, farsi un giro. È l'1.50 del mattino in piazza Santo Sepolcro.
Una notte da residente
La cronaca di una notte immersi nella movida della Marina inizia alle 23.30 di venerdì. I vari ristoranti, bar e pub che negli ultimi 15 anni hanno fatto rinascere un quartiere un tempo in mano alla malavita e alla prostituzione, sono ancora quasi tutti aperti. In strada tanta gente di ogni età, molti turisti. La casa di Antonio, nome di fantasia, si affaccia su piazza Santo Sepolcro. Lui e la sua famiglia non ci sono, per il week-end sono andati via. Lo fanno ogni volta che il sabato Antonio non deve lavorare. Perché è l'unico modo per riuscire a riposare almeno un po'. «Se vuole rendersi conto di com'è la nostra vita le lascio il mio appartamento, così capirà perché siamo così esasperati». Proposta accettata.
Il botellon
Le scale della chiesetta del Seicento sono piene di ragazzi e ragazze, hanno più o meno tra i 20 e i 30 anni ma ci sono anche minorenni. Saranno sessanta, forse di più. Altri si sono radunati in quelle di Sant'Antonio, che conducono a via Manno. Stanno seduti e in piedi, si passano le bottiglie di birra e altri alcolici che tirano fuori dagli zaini o vanno ad acquistare nei piccoli market sparsi nel rione. Bevono, fumano, qualcuno “rolla” tabacco o altro. Antonio ci ha spiegato che i residenti della Marina, ormai da anni in guerra contro l'inquinamento acustico nella zona, ce l'hanno soprattuto con loro e non con i clienti dei locali. «Il vero problema per noi sono questi gruppi di giovani, anzi di vandali, che improvvisano botellon all'aperto tirando avanti sino all'alba quando ormai sono completamente ubriachi», sono state le sue parole prima di darci le chiavi di casa.
Musica a tutto volume
Poco prima dell'una parte la musica. Questa notte non ci sono tamburi né chitarre, ma i ragazzi delle scalette si sono portati dietro un potente impianto stereo. Nel frattempo ristoranti e bar hanno ormai ritirato i tavolini e chiuso i battenti, le stradine attorno si vanno svuotando. Il baccano però non accenna a placarsi. Anzi, pare aumentare. Gli altoparlanti sparano decibel a tutto spiano, che si mischiano alle urla e alle imprecazioni rimbombando tra le pareti dei palazzi che cingono la piazza. I partecipanti al botellon sono sempre meno. Ma il volume degli schiamazzi pare alzarsi di pari passo col tasso alcolico nel sangue di chi è rimasto. Un'ora più tardi l'alba non è più così lontana ma il death metal è davvero troppo. Si va via per poi tornare alle 3.30. La piazza ora è vuota ma non di rifiuti: bicchieri, bottiglie e buste di plastica sono sparsi un po' ovunque.
Riposo impossibile
«Com'è andata»? La mattina dopo Antonio chiama dal suo buen retiro per conoscere il bilancio dell'esperimento “una notte da residente alla Marina”. Obiettivamente non aveva esagerato: riuscire a riposare a orari accettabili per chi ha casa da quelle parti è davvero un'utopia. «In realtà siete stati anche fortunati - dice lui -, di solito nei fine settimana, a meno che non piova, prima delle cinque o delle sei non vanno via. E la mattina dopo, quando esco di casa per andare al lavoro, rischio di scivolare sul vomito e sull'urina che lasciano davanti a casa insieme a una montagna di spazzatura».
Massimo Ledda