Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

In città il business dei rifiuti si ferma a carta e umido Nessun impianto per riciclare plastica, ve

Fonte: L'Unione Sarda
13 maggio 2019

DIFFERENZIATA.

Costi e ricavi del Comune frazione per frazione

In città il business dei rifiuti
si ferma a carta e umido Nessun impianto per riciclare plastica, vetro e metalli

Il Comune non osi unire ciò che le famiglie hanno separato. Ammesso che l'abbiano fatto. Fino a una quindicina d'anni fa invece, secondo molti addetti ai lavori, quel poco di differenziata che si faceva spesso finiva tutto insieme all'inceneritore. Chissà, forse erano attività addestrative, in attesa di fare sul serio come ora: con il porta a porta, pur non rispettato da troppe famiglie (soprattutto a Sant'Elia e in via Seruci), la separazione è fondamentale per l'ecologia e per il portafogli: certa immondezza si vende e abbassa la bolletta della Tari, per altra lo smaltimento si paga caro. Accade tutte le volte che qualcuno non separa le varie frazioni e tutto va al Tecnocasic: i rifiuti bruciati, ovvio, non si possono vendere, producono sanzioni per il Comune (che paga con i soldi dei cittadini) e aumentano i costi.
Si separa troppo poco
Eppure, molti degli incivili che stanno azzoppando il porta a porta (un sistema che può non piacere, ma garantisce ottimi risultati in un'infinità di luoghi e quindi si può fare) continuano a non separare: appesantiscono così la Tari a se stessi se la pagano e agli altri se evadono, anche se le ditte d'appalto stanno facendo il censimento degli utenti in molti quartieri e molti morosi saranno sanzionati. La Tari è appesantita dalle sanzioni se il totale di differenziata è sotto il 70 per cento e dalle pulizie straordinarie delle strade ridotte a discariche: costi extra, li paghiamo tutti. Se invece si differenzia più del 70 per cento arrivano le premialità (soldi) dalla Regione. Gli ultimi dati fissano la percentuale della città al 57: significa che i cagliaritani, compresi quelli virtuosi, continueranno a pagare in bolletta le sanzioni, sperando che l'estensione del porta a porta a tutta la città porti il dato almeno al 70.
«Tanto li mischiano»
Chi non differenzia, per inciviltà o perché non ha i mastelli in quanto evasore, ripete un mantra: «Tanto non riciclano niente e bruciano tutto». E allora è venuto il momento di guardarsi negli occhi e dirselo con franchezza: è una balla spaziale. Anzi, terrestre. Ogni singola frazione dei rifiuti segue un percorso virtuoso di recupero, tranne il secco (solo in minima parte). Dal riciclo, il Comune dovrebbe incassare quest'anno un milione 650mila euro, che abbatteranno le bollette Tari. Il problema è che, dopo la raccolta, ben pochi dei nostri rifiuti sono trattati in Sardegna.
Che fine fa la carta
È una questione di consorzi nazionali, che per il riciclo mettono all'asta ogni frazione di immondezza carta compresa, per con un'assurdità. Il Comune spende per ritirare la carta casa per casa, ma non per smaltirla: anzi, ci guadagna. Nell'Isola ci sono solo due cartiere di riciclo: la “Logudoro” a Sassari, non grandissima, e la “Papiro sarda” a Macchiareddu, che: fa anche da piattaforma per il Comune (stocca la carta fino alla cessione a chi vince l'asta). Produce 25mila tonnellate di carta e cartone riciclati l'anno, «ma in totale se ne raccoglie il triplo. Due terzi, dunque», sospira la titolare Daniela Barsanti, «passano da qui e vanno in Continente, e noi per produrre acquistiamo dal Continente». Dunque, ci sono camion e navi carichi che vanno avanti e indietro tra qui e la Penisola. È la legge dell'asta: chi offre di più, dovunque sia, si prende il carico. Conviene al sistema del riciclo nazionale, ma non ai sardi.
La frazione umida
Assieme alla carta, è la sola lavorazione svolta tutta nell'Isola. Il Comune di Cagliari cede l'organico al Tecnocasic che produce il compost, un fertilizzante per i campi: si vende agli agricoltori. «Ne produciamo oltre 30mila tonnellate l'anno, mischiato con altre diecimila di sfalci di verde pubblico e privato», spiega l'amministratore Giuseppe Cuccu.
Dove va la plastica?
Tutta fuori Sardegna, che non ha impianti di riciclaggio. Tre ditte a Macchiareddu la raccolgono e la girano a un consorzio. Solo nel primo trimestre la plastica raccolta raggiunge le 811 tonnellate, la proiezione per il 2019 è di almeno 3.250 tonnellate.
Vetro, ferro, alluminio
Li accoglie, tra le altre, la piattaforma della coop Ecosansperate a Macchiareddu, che da Cagliari riceve 30mila tonnellate di vetro l'anno. «Va tutto in Lombardia», sospira uno dei responsabili, Fausto Pedrazzini, «qui lo trattava la Vetroceramica Turritana, poi Avir, che però è stata chiusa». Per ogni tonnellata di vetro la coop incassa 50 euro, 20 dei quali vanno al Comune. «Raccogliamo due milioni di tonnellate l'anno di ferro», aggiunge la sua collega Simona Zanda, «e 500 di alluminio, che rivendiamo. L'incasso totale dai rifiuti è di 240mila euro l'anno, di cui la metà va al Comune».
Il secco si paga
Qualunque rifiuto le famiglie mettono nel secco o gettano per strada, ma andrebbe invece gettato con altre frazioni, fa saltare la cassa. Dev'essere bruciato (al termovalorizzatore del Tecnocasic a Macchiareddu) e costa caro: «Per il territorio di Cagliari sono 170 tonnellate al giorno, alla tariffa di 165 euro a tonnellata. Ogni anno bruciamo quasi 130mila tonnellate di secco, ingombranti compresi», spiega il direttore, Giulio Casula. «Con quel calore produciamo energia elettrica, compensando in parte le emissioni inquinanti dell'inevitabile combustione».
Se tutti separassero i rifiuti, non solo si risparmierebbero i 165 euro per bruciare ogni tonnellata di secco che tale non è, ma si incasserebbero bei soldi dai rifiuti valorizzabili e le premialità per le percentuali di differenziata raggiunte. Oppure, si può pagare una Tari molto alta. Questione di scelte.
Luigi Almiento