Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

«A 12 metri di profondità una voragine»

Fonte: L'Unione Sarda
14 agosto 2009

Gli esperti

Volendo dare la colpa a qualcuno, si rischierebbe di sbattere contro una prescrizione millenaria: «I primi a scavare nella zona di piazza d'Armi sono stati i Fenici. Lì sotto c'è una miniera: dopo hanno continuato i Romani, poi altri tunnel sono stati scavati ai primi del '900. E molta terra è stata prelevata in passato anche dalla Italcementi. Con il materiale estratto è stato costruito il quartiere di Castello e tutta la città». Mentre stava facendo i rilievi per scrivere una relazione sul sottosuolo di via Peschiera, Gaetano Ranieri - ordinario di Geofisica applicata all'Università di Cagliari - si è trovato di fronte a un qualcosa che assomigliava a una grossa forma di gruviera: «È un groviglio di cunicoli, vuoti, riempimenti. Il terreno ha diverse densità in quella zona: alcune parti poggiano su pilastri di roccia, altre sul nulla». Per disegnare la mappa delle voragini ha misurato la forza di gravità, metro per metro: «Dove c'è il vuoto, la forza diminuisce». Fosse un intervento chirurgico, si parlerebbe di operazione «poco invasiva».
LE SOLUZIONI Nel dossier, consegnato al Comune il 12 dicembre, ha individuato anche una possibile soluzione: «Bisognerebbe impermeabilizzare tutta la superficie, o almeno il più possibile. Strade, tetti, cortili. Le voragini sono scavate dall'acqua: è necessario evitare che la pioggia possa portar via altri detriti. Dopo l'alluvione dello scorso ottobre si sono aperte molte crepe nei muri delle case». Insomma, la terra non si deve bagnare. «Mi rendo conto che è difficile da realizzare, ci sono cortili privati e altri punti dove sarebbe difficile farlo. Ma è l'unica strada. Solo così si possono limitare i danni».
Il professore predica prudenza. È credibile, anche perché è uno dei diretti interessati: «Il mio laboratorio ha problemi analoghi. È a venti metri da via Peschiera». I palazzi più a rischio? A parte i due che dovranno essere evacuati, non si può dire con sicurezza: «Di molte strutture non esistono i progetti, non sappiamo come siano state fatte le fondazioni. Ci sono case costruite di fronte alla voragine che non hanno subìto nessuna lesione. Alcune costruzioni poggiano su zolle dure, ferme. Altre su terreno più friabile. È così che si formano le crepe: una parte dei muri corre, l'altra resta ferma».
IL GEOLOGO Un anno fa si è aperta una buca di 360 metri cubi. Mauro Pompei, professione geologo, ha trovato una cavità gemella a poca distanza: «Tra via Montenotte e via Peschiera, a 12 metri di profondità, c'è un vuoto alto due metri e mezzo. È sotto un cortile. Ed è probabile che sia finita lì buona parte della terra che si è spostata creando la voragine».
Le sue indagini geognostiche, ovvero 9 prelievi fatti tra maggio e giugno, hanno evidenziato che tutto il suolo della zona, tra i 5 e i 18 metri sotto l'asfalto, può essere erosa «facilmente». Terreno di riporto, che può essere portato via dalla pioggia. O dalle perdite idriche: la spaccatura più grande si era aperta il 7 agosto 2008, e le ultime gocce di pioggia erano cadute quasi un mese prima. Ora lo studio proseguirà palazzo per palazzo. Quattro buchi ai vertici di ogni costruzione, poi verranno “sparate” delle onde e gli specialisti studieranno il loro comportamento.
MICHELE RUFFI

14/08/2009