Rassegna Stampa

La Nuova Sardegna

Antonio Marras, lo stilista porta in scena il suo mondo

Fonte: La Nuova Sardegna
21 novembre 2018

 


Domani a Cagliari il debutto da regista in teatro con «Mio cuore io sto soffrendo» Il 27 novembre replica ad Alghero e poi in tournée a Milano, Roma e New York
di Roberta Sanna
 


CAGLIARI. «Il cuore fin dal titolo torna sempre. C’è un battito cardiaco che è il tappeto sonoro di tutto il lavoro. E che esplode nel finale con la canzone di Rita Pavone, frutto di una reminescenza di quando ero costretto ad accompagnare al cinema le mie sorelle e c’erano i musicarelli. Quei momenti sono riaffiorati e la versione di “Cuore” cantata dal vivo che ho ritrovato racchiude veramente il senso del cuore che sta soffrendo, quando non riesci a governare i sentimenti. E il cuore intraprende cammini e viaggia fregandosene di quello che sei tu, e va. Ma tu non vai dove il cuore ti porta. Non ci vai e non ci puoi andare». Antonio Marras racconta per immagini e frammenti “Mio cuore io sto soffrendo. Cosa posso fare per te?”, spettacolo ideato e diretto dall’artista e stilista che da domani sarà in anteprima nazionale al Teatro Massimo fino a domenica nella stagione Cedac e il 27 al Teatro Civico di Alghero per Festivalguer. «Poi partirà la tournée. Tra le date Milano, Roma, Bari e New York», annuncia Valeria Orani che produce la pièce con “369gradi”.

COME IN UN UTERO. «In questo progetto – prosegue Marras – che ha nella sua follia un inizio e una fine ben precisi, si inizia con la costruzione di una scena, ci sono degli oggetti di scena, banchetti, campane, ci sono dei cuori, mentre il palcoscenico è completamente vuoto e senza quinte. Volevo una sorta di utero, di placenta, di ventre. Una forma di abbraccio per chi guarda ed è come se fosse contenuto dentro questa bolla, questo involucro nero. Dentro ci sono gli attori e gli oggetti che servono agli attori a raccontarsi a raccontare quello che succede in quindici momenti, quindici tranches de vie che compongono lo spettacolo». E Marras aggiunge: «Tutti questi interpreti straordinari, Giovanni Franzoni, Ferdinando Bruni del teatro dell’Elfo che ho conosciuto giovanissimo andando a vedere “Sogno di una notte di mezza estate”, Marco Vergani, Federica Fracassi, Simonetta Gianfelice, non li ho “chiamati” ma sono “arrivati” dentro questo progetto. Con loro sono stato molto schietto e diretto, non ho avuto il minimo timore di dire che non chiedevo prove attoriali o istrioniche, ma che ognuno di loro facesse proprie le cose, che le interiorizzasse. Perché sono sicuro che dentro ci siano cose di ognuno».

LE CITTÀ DI CALVINO. Nel pezzo in cui Marras prende un brano dalle “Città invisibili” di Calvino c’è ad esempio lo struggimento delle possibilità che non sono state, del tempo che ridefinisce brutalmente i nostri desideri. «In “Fedora” Calvino racconta in dieci frasi maledette la presa di coscienza di un corpo, una mente, un’anima, che muta col mutare del tempo. Una città immaginata con le sue scale a chiocciola incrostante di conchiglie, dove nelle lotte dei galli a sanguinare sono gli scommettitori, e tra i due litiganti per una donna ce n’è sempre un’altra. Tu pensi di arrivare a questa Fedora, ma ci arrivi da vecchio, sei uno dei vecchietti seduti sul muretto. E quando finisce dicendo “I desideri sono già ricordi”, è una frase che mi squassa. Questo pezzo dello spettacolo lo racconta Simonetta Gianfelice, una top model degli anni Ottanta di una bellezza unica, che chiaramente non essendo più ventenne seppure di una bellezza imbarazzante, ha avuto l’intelligenza e la sensibilità di assecondarmi in questa pazzia. In scena l’attore Giovanni Franzoni, guardando la sua immagine in uno specchio dirà il sonetto numero 22 di Shakespeare che inizia così: “Non crederò allo specchio di esser vecchio”».

REGIA DI EMOZIONI. È una regia di emozioni, insomma, quella di Marras, che racconta di «aver rubato, elaborato, di avere riscritto e reinnestato, momenti e cose che in qualche modo possono credo interessare, toccare e insinuarsi dentro la coscienza ed esistenza di ognuno», frammenti in cui gli spettatori possono trovare momenti della propria vita. Il racconto scenico, «una sorta di nascita -infanzia-adolescenza-maturità-vecchiaia, di cambiamento, stravolgimento», è per Marras una metamorfosi «in cui cambiano il corpo, la faccia, il modo di agire di pensare, e dove c’è, come in tante vite “la malattia, il taglio, la separazione, l’amputazione, il dolore, la lontananza e il distacco, tutto quello è comunque fonte del dolore dell’anima e dell’esistenza, del mio essere così tormentato insoddisfatto». «Mia madre – prosegue Marras – mi chiamava sempre “Maicuntentu”, perché purtroppo non godo delle cose e non riesco neanche a gratificare gli altri e quindi passo per egoista. Come dico a un certo punto: “Io non vorrei incontrarmi”».

LA VOCE DI ELENA LEDDA. Nato come un lavoro performativo – proposto insieme ad una mostra a Brescia nella prestigiosa galleria di Massimo Minini – “Mio cuore io sto soffrendo” è diventato un lavoro teatrale, spiega Marras, grazie all’intervento produttivo di Valeria Orani. «Ho mantenuto intatto il corpo della performance, ma nella mia mente malata ho sempre pensato che semmai fosse stato ripreso in un’altra città avrei lavorato con degli innesti, con persone del luogo. E quando si è deciso per Cagliari mi sono guardato intorno. Per caso ho incontrato Vincenzo Puxeddu, danzatore che insegna danza terapia, ci siamo subito intesi e ho voluto che partecipasse al progetto. E cosa poteva dar voce al tutto? Elena Ledda. L’ho chiamata e ha risposto: se Marras chiede io faccio. E poi ho inserito riferimenti a questo posto magico che è Cagliari. Se lo spettacolo andasse a Roma o a Bari, anche se non devo per forza cambiare il cast, vorrei che ci fossero cose e persone relative a quei luoghi». «Il mio – concluse Marras – è un lavoro in cui il viaggio è la meta, così in questi
mesi ho lavorato col coreografo Marco Angelilli, per trasformare i momenti coreografici, che sono la messa in moto, il trasferimento della parola nel movimento del corpo, in sensazioni, emozioni, dolori che gli ho trasmesso e lui ha messo in scena con i bravissimi danzatori».