Rassegna Stampa

La Nuova Sardegna

Un’Aida di denuncia

Fonte: La Nuova Sardegna
20 luglio 2009

DOMENICA, 19 LUGLIO 2009

Pagina 40 - Inserto Estate



La messinscena di Stephen Medcalf contro la guerra



Una visione bellica limpida e asciutta che è stata applaudita ma anche contestata dai più tradizionalisti


di Gabriele Balloi
CAGLIARI. «Aida» è forse l’opera verdiana più rappresentata al mondo. Ma di tale successo è debitore purtroppo anche un’equivoco estetico, divenuto, dopo oltre un secolo, vero e proprio cliché. Difatti, mentre molti dei critici s’affannano, con tutta ragione, a mostrarne l’intimismo, l’introspezione drammaturgica, l’interiore dissidio che grava sui personaggi maggiori, l’«Aida» rimane ancora e comunque la celeberrima scena del trionfo al IIº atto. Intendiamoci: lo stesso Verdi voleva gratificare le aspettative del “grand opéra” francese, e nondimeno soddisfare il vicerè d’Egitto che, per l’apertura del Canale di Suez, gli commissionò ad hoc un nuovo melodramma. Verdi stesso, fra l’altro, fece costruire appositamente le famose trombe egiziane per la grandiosa fanfara e marcia trionfale, così come pure l’inno all’Egitto e a Iside, o le lunghe scene di balletto, tutto ciò volutamente a creare un effetto di notevole magniloquenza. La cornice sontuosa dell’ambientazione esotica, antica e mitica, troppo spesso però ha adombrato le vere qualità di «Aida».
Sembra averlo capito Stephen Medcalf, regista di un allestimento già realizzato nel 2003, ora riproposto sempre al Lirico per la Stagione operistica. Soltanto lievi modifiche nelle scene e i costumi di Jamie Vartan, con le luci di Giuseppe Di Iorio e le coreografie di Gloria Pomardi su un’idea di Leah Hausman. Frugale ma elegante, limpida e asciutta, sfrondata di ogni orpello pomposo, ha debuttato venerdì la messinscena di Medcalf che colloca «Aida» ai tempi di Verdi, esattamente nel 1870/71 durante la guerra franco-prussiana. Procedimento di trasposizione storica che adoperò perfino nella «Carmen» per la Stagione 2005 del Lirico. Un parallelismo a tre piani: conflitti europei, facenti eco a remote battaglie tra Egizi ed Etiopi, gettano un ponte sui giorni nostri. «Ci sembra così cruciale che questa produzione dia la dovuta importanza agli orrori della guerra e alla lotta tra il potere spirituale e quello secolare, sia in virtù dell’originale volontà di Verdi in questo senso, sia per la rilevanza odierna di queste tematiche». Nelle parole di Medcalf una visione quindi bellica, in chiave “di denuncia”, ma per nulla spettacolare o con intenti da kolossal, anzi, tutta focalizzata e introiettata nell’animo dei protagonisti, ovvero il triangolo amoroso di Aida, Amneris e Radamès, intrappolati irriducibilmente in una serie di impasse sociali, etiche e sentimentali. Nel ruolo di Aida, la schiava etiope innamorata e corrisposta dal condottiero egizio Radamès, abbiamo la voce bella e sensuale di Daniela Dessì, il soprano genovese che pur mantenendosi al di sotto d’un certo volume per evitare sgradevoli sforzi, conserva così quell’equilibrio d’espressione e coloritura che le è proprio. Un’Aida volitiva e fragile, tracciata psicologicamente in tutto il suo dilemma, combattuta fra l’amore per Radamès e la nostalgia per la patria, su cui farà leva il padre Amonasro, un impetuoso e perentorio Angelo Veccia, che costringe la figlia ad ingannare l’amato. Nei panni di Radamès il tenore Walter Fraccaro, dal timbro omogeneo, luminoso e di toccante accento drammatico, anche lui delineato in tutta la sua disperazione, desidera la gloria ma può ottenerla soltanto conquistando l’Etiopia, paese natale della «Celeste Aida». Giunta la vittoria, deve poi continuare a combattere contro l’amore di Amneris, la principessa egizia interpretata da Irina Mishura con vocalità squillante e vivida, piena di chiaroscuri e di verve teatrale. Sul podio Asher Fisch, a dirigere Orchestra e Coro del Lirico in una lettura ben curata, trascinante e mai retorica, apre un ventaglio di variegate sonorità.
Un’«Aida» applaudita, ma pure contestata dai più tradizionalisti. Fra il pubblico il compagno della Dessì, il tenore Fabio Armiliato, e il cantante Francesco Renga, insieme alla moglie Ambra Angiolini, con il quale la Dessì ha duettato all’ultimo Sanremo.