Rassegna Stampa

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Tantissimi bambini al Gay Pride: è da loro che inizia il cambiamento

Fonte: web Vistanet Cagliari
9 luglio 2018


Tantissimi bambini al Gay Pride: è da loro che inizia il cambiamento
Le famiglie arcobaleno e quelle “normali” tutte insieme a sfilare per i diritti umani e contro ogni forma di discriminazione. Il Gay Pride diventa un momento educativo, i genitori scelgono di portare con loro i propri figli, perché capiscano il significato di queste battaglie e si rendano conto che le diversità sono una ricchezza da vivere nel rispetto e nella condivisione.


Sarebbe bello se vivessimo in un mondo in cui l’omosessualità non si dovesse spiegare, se fosse considerata una realtà assodata e accettata, se per la nostra società essere gay o etero fosse normale come essere biondi o bruni. Nessuno si sogna di spiegare a un bambino perché si nasce con gli occhi di un colore piuttosto che un altro.

Per questa ragione molti genitori hanno deciso di portare i loro i bambini al Gay Pride. Alessandra Piras ha due bambini, Claudio è molto piccolo e dorme beato nel suo passeggino, Sofia invece ha cinque anni ed è sveglissima, ha tanti fiori colorati tra i capelli e non si perde una virgola di ciò che la circonda, a cavalluccio sulle spalle del papà. «Ho deciso di venire con tutta la famiglia- spiega Alessandra- perché voglio dimostrare che la famiglia tradizionale non ha nulla da temere, se alle famiglie arcobaleno vengono riconosciuti gli stessi diritti. Io sono favorevole anche all’adozione da parte di coppie gay, non vedo come per un bambino, vivere in un istituto possa essere preferibile a vivere con una coppia gay».

Alessandra racconta che Sofia non ha mai chiesto spiegazioni perché, uno dei suoi più cari amici che frequenta assiduamente la famiglia, è sposato con un ragazzo, quindi per la bambina è sempre stata una cosa normale. «Invece le ho dovuto spiegare- si rammarica la mamma di Sofia- il motivo per il quale è giusto essere presenti a queste manifestazioni, perché è necessario organizzarle. Non ci è rimasta molto bene, per lei è inaccettabile che i suoi adorati “zii” non possano darle un cuginetto». Ed è la stessa Sofia, con disarmante semplicità a spiegarlo: «Io sono arrabbiata perché a mio zio non gli vogliono dare un bambino che non ha più i genitori. Eppure cucina benissimo, fa il sugo più buono di quello di mia nonna e non fa mai ritardo!».



Il discorso è più complicato per Carla che ha deciso di partecipare al gay Pride portando con sé suo figlio Pietro che di anni ne ha 10. «Noi non conosciamo personalmente famiglie arcobaleno, mio figlio ovviamente sa benissimo cosa sia l’omosessualità- racconta Carla- io gli ho sempre insegnato a rispettare tutti, anche le persone che gli possono sembrare diverse, però ha un’età particolare, l’insicurezza spinge a fare i duri a mostrarsi insensibili verso certi problemi». Carla ha scoperto che a scuola alcuni compagni di Pietro utilizzavano termini come “gay” o “finocchio” per offendere altri compagni, al pari di stupido o altre parole simili, così ha deciso di raccontare a suo figlio di come la società spesso emargina le persone omosessuali, di come in alcuni casi le critiche e il disprezzo possano spingere qualcuno a stare talmente male da togliersi la vita.

«Mi sembra strano che a un maschio possa piacere un altro maschio– ammette Pietro- però non mi dà fastidio, cioè se uno dei miei amici fosse gay, non penso che cambierebbe qualcosa». Pietro è visibilmente imbarazzato, non ha più l’ingenuità di Sofia e a 10 anni l’opinione che gli altri hanno di te conta moltissimo. «Capisco quelle persone che sono nate uomini o donne- prosegue il ragazzino- ma che hanno sempre desiderato essere il contrario, e quindi poi si trasformano e a quel punto è normale: se da donna ti sei trasformato in un uomo è normale che poi vuoi sposarti con una donna. Invece proprio non so come faccia un uomo a volersi sposare o fidanzare con un altro uomo». Mentre parla Pietro ridacchia, il discorso lo mette a disagio, poi però si fa serio e aggiunge: «In ogni caso so che bisogna rispettare le persone omosessuali, non si devono prendere in giro, non solo perché ne soffrirebbero, ma soprattutto perché non c’è motivo per farlo. Mia mamma mi ha spiegato che ci sono dei paesi in cui i gay vengono messi in prigione o condannati a morte e anche questo però mi sembra strano».

Intanto da uno dei carri della sfilata parte Gloria Gaynor, Pietro osserva la gente che balla, vede delle ragazze vestite in maniera vistosa, abiti sgargianti e ridacchia, poi osserva una coppia: due ragazzi abbracciati, uno dei due tiene in braccio un bambino. Scuote la testa, non approva: «Non lo so, io mi vergognerei di avere due padri, tutto il mondo mi prenderebbe in giro». Ma la madre interviene e gli spiega che al Gay Pride si deve andare proprio perché la gente si abitui e la smetta di prendere in giro, gli fa notare che il bambino è tranquillo in braccio a suo padre e non sembra preoccupato o imbarazzato. Probabilmente Pietro rimarrà della sua opinione, almeno per qualche altro anno. Di sicuro però a lui e a tutti gli altri bambini presenti, partecipare al Gay Pride non ha fatto male. La discriminazione è frutto della diffidenza, della paura, se i bambini oggi non hanno paura, domani saranno adulti tolleranti. Grazie a tutti i genitori che ieri hanno partecipato al Gay Pride con i loro bambini.