Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

Un architetto di Cagliari alla Corte del re del Siam

Fonte: L'Unione Sarda
10 maggio 2018

Il saggio Una tesi negli Usa su Stefano Cardu, che nel 1914 donò il suo tesoro alla città

 

 

 

U n architetto/imprenditore. Che assecondava l'ansia di modernità di un'aristocrazia orientale attratta da modelli europei. E navigava le acque insidiose degli intrighi di potere guidato da spirito d'avventura, così come aveva solcato i mari che dalla sua Cagliari lo avevano portato in Siam, nell'ultimo trentennio del XIX secolo. Ci sono luci e ombre - e tante informazioni inedite - nel ritratto che l'accademico tailandese Pirasri Povatong fa di Stefano Cardu, l'imprenditore giramondo che nel 1914 donò a Cagliari la collezione da cui nasce il Museo civico di arte siamese, oggi alla Cittadella. Cardu fece parte di un nucleo ristretto di professionisti europei che cambiò il volto di Bangkok tra la fine dell'Ottocento e i primi del Novecento. Infaticabile lavoratore, amico dei potenti, collezionista di opere d'arte. Ma anche spietato, capace di prendere rabbiosamente a calci, nel 1887, un subappaltatore siamese che reclamava il suo compenso.
A BANGKOK «L'opera di Cardu - spiega via email Pirasri Povatong, 47 anni, docente di Storia dell'Architettura alla Chulalongkorn University di Bangkok - è parte rilevante nella storia della capitale durante il primo periodo della modernizzazione, tra gli anni Settanta e la creazione del Dipartimento dei Lavori pubblici nel 1889». La sua impresa si chiamava “S. Cardu & Co” e «negli anni migliori dava lavoro a due architetti, un ingegnere, tre disegnatori e cinque impiegati locali», rileva lo studioso nella sua tesi per il Dottorato di filosofia in Storia dell'Architettura, conseguito nel 2011 alla University of Michigan. Nel 1879 il professionista cagliaritano risulta essere disegnatore/progettista per il governo. Come ci sia arrivato non è chiaro. Le biografie ufficiali raccontano che si imbarca giovanissimo (è nato nel 1849) sui bastimenti a vela e che nel 1874 arriva in Siam. All'epoca, sul trono c'è Rama V, un sovrano illuminato di neanche trent'anni, educato da una governante inglese e un tutor scozzese. Il regno subisce la pressione economica (e teme quella militare) delle potenze coloniali: Inghilterra, Olanda e Francia.
MODERNIZZAZIONE Rama V vuole preservare l'indipendenza e sogna di rimodellare il suo Paese secondo parametri europei. Avvia perciò una riforma dall'alto appoggiandosi a una nuova classe di burocrati. In pochi anni, riorganizza il potere esecutivo e giudiziario, le amministrazioni locali, le poste e i trasporti. «L'architettura e lo spazio urbano sono cruciali nel creare l'immagine del nuovo Siam», argomenta Pirasri Povatong. Il sovrano dispone di architetti regali, che lavorano nel solco della tradizione, ma innesta fra loro i professionisti europei del neoclassico e del neogotico. Nasce uno stile ibrido, cambiano le pratiche di progettazione e di cantiere. Tre italiani, un tedesco e un giapponese sono i favoriti del momento. «I più in vista» erano Joachim Grassi (che in realtà era suddito austriaco, divenne cittadino francese e fu poi fatto cavaliere dai Savoia) e il cagliaritano Cardu, la cui impresa è attiva fra il 1881 e il 1890. Fra le commesse, la residenza del principe Chaturonratsami, la facciata e la torre dell'orologio nella sede delle Poste. «Di queste opere - spiega Povatong - non resta, per quanto ne so, che l'edificio del Royal Military College, oggi sede del Royal Thai Survey Department».
APPALTATORI «Più che architetti nel senso odierno Grassi e Cardu erano costruttori e appaltatori», scrive lo studioso. «Probabilmente formati attraverso l'apprendistato in cantiere, avevano un repertorio progettuale limitato di stile neo-classico e neo-gotico». Povatong riporta anche lo sferzante giudizio del viaggiatore belga Charles Buls: «Tutti questi edifici, costruiti da imprese tedesche e italiane, seguono uno stile europeo banale, pesante e uniforme». Buls critica anche le tecniche di costruzione. Cardu, come i colleghi, lavora con subappaltatori locali. La concorrenza è aspra, i conflitti frequenti. Il sistema di aggiudicazione dei lavori è molto frammentato, costringe a forti ribassi e lascia ampio spazio ai giochi di potere. L'impresa affanna e nel 1990 Cardu chiude e lascia il Siam. Si porta dietro un piccolo tesoro che donerà al Comune di Cagliari.
ANNIVERSARI «Mi ha colpito il modo in cui la città ha conservato la collezione», dice Pirasri Povatong, che ha visitato il Museo Civico nel 2015: «Finita la tesi, volevo saperne di più su Stefano Cardu». Chissà se sarà presente alle manifestazioni che il Consiglio comunale (su proposta di Alessio Alias, presidente della Commissione Cultura) chiede alla giunta Zedda di organizzare per il prossimo autunno, quando si celebreranno i cent'anni del Cardu e i 150 anni delle relazioni fra Italia e Tailandia.
Daniela Pinna