Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

L'amore e la morte Travolgente Puccini

Fonte: L'Unione Sarda
9 aprile 2018

Madama Butterfly torna a Cagliari dopo sette anni

 

 

L ui, il “piccolo Iddio” al quale è dedicato il momento più emozionante di questa applaudita Madama Butterfly andata in scena al Lirico di Cagliari, indossa ancora la divisa da marinaretto. Cio-Cio-San, al contrario, ha appena rinunciato (con un gesto di rabbia molto occidentale), a quell'abito da signora Pinkerton col quale sperava di imbarcarsi sulla Lincoln appena approdata al porto di Nagasaki. Non più “rinnegata e felice”, ha ritrovato la sua identità di donna giapponese. Le sei fanciulle, tre chiare, tre scure, che come Parche hanno tessuto i fili del suo destino, l'hanno aiutata a indossare nuovamente il kimono, quelle delle nozze, e le hanno consegnato la lama su cui sta scritto “con onor muore chi non sa serbare la vita con onore”. È quella che il Mikado consegnò a suo padre, perché facesse hara kiri, è quella che Cio-Cio-San ha sempre portato nella sua borsa, con i piccoli oggetti della vanità femminile. Ora è nelle sue mani.
Muore da samurai, la farfalla trafitta. Muore da vera giapponese. Ed è la musica travolgente di Puccini a dircelo. Non più quelle note sensuali che nel duetto finale del primo atto evocano la passione tra Otello e Desdemona, Tristano e Isotta. Ma quelle che ci riportano dritti in Giappone. Cio-Cio-San non è più la bambina ingenua, la moglie giocattolo che crede nell'amore di un cinico yankee vagabondo (un ruolo odioso come pochi). È una madre che sa ciò che le resta da fare. Suo figlio salirà su quella nave, e chissà che un padre ora pieno di rimorsi, e una vice-madre, la vera signora Pinkerton, non riescano a fargli dimenticare il resto.
Finisce così, in un crescendo emotivo, la prima di questa Madama Butterfly che torna a Cagliari, dopo 7 anni, nell'allestimento del Teatro del Giglio di Lucca firmato da Aldo Tarabella. Con Massimiliano Pisapia e Amarilli Nizza nel ruolo dei protagonisti e l'orchestra diretta magistralmente da Donato Renzetti. Fu proprio Madama Butterfly la prima opera che il direttore d'orchestra seguì da bambino. Aveva cinque anni e ne restò segnato.
Chissà quali emozioni avrà provato un altro bambino, Lorenzo Nardini, che di anni ne ha sei, e ieri ha vestito con grande disinvoltura i panni del figlio di Cio-Cio-San. (Diego Lobina è il bimbo del secondo cast). Certamente, il momento più apprezzato dell'intero spettacolo è stato quello che lo ha visto tra le braccia di Amarilli Nizza, nel canto dell'addio.
L'ultima perla di un capolavoro che ne conta tante. Dalle arie, bellissime, di B.F. Pinkerton, a “Un bel di vedremo”, a quella meraviglia del coro a bocca chiusa che ha visto protagonisti soprani, mezzosoprani, contralti e tenori del coro diretto da Donato Sivo. Un coro muto, col quale Puccini ha tradotto, genialmente, quei 14 minuti di silenzio, rotto da un gioco di luci, della pièce a cui assistente a Londra, nel 1901. Era la Madama Butterfly di David Belasco, tratta da John Luther Long. Il quale a sua volta si era ispirato al romanzo autobiografico di Pierre Loti. Fu l'inizio di tutto. Di quest'opera così attuale (possiamo parlare di pedofilia colonialistica?), così acuta nel mettere in scena uno scontro di mondi e di generi (Oriente e Occidente, Giappone e Stati Uniti, uomini e donne), ma anche così capace di fonderli, e di farli incontrare, nella magistrale partitura a doppia trama di Puccini.
Per una delle opere più amate e popolari, gli applausi sono stati particolarmente calorosi. Tra i protagonisti, la giovane coreografa Luigia Frattaroli che, con le sue danzatrici sempre immanenti, ha contribuito a rendere ancora più suggestiva la messinscena.
Maria Paola Masala