Rassegna Stampa

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Regionali 2019, Pigliaru resta in corsa. E Maninchedda tesse la sua tela

Fonte: web sardiniapost.it
3 aprile 2018

Regionali 2019, Pigliaru resta in corsa. E Maninchedda tesse la sua tela


È solo l’inizio. Anzi: è giusto un assaggio. Ma la campagna elettorale delle Regionali 2019 è cominciata davvero, secondo uno schema che suggerisce il tentativo di costruire nuove soluzioni politiche, anche azzardate, ma a cui i cittadini sembrano interessati, a giudicare dal risultato venuto fuori dalle urne del 4 marzo. E se l’indipendentista Paolo Maninchedda, a capo del Partito dei sardi, ha visto sia il fondatore dei Riformatori, Massimo Fantola, che il neosenatore sardo-leghista Christian Solinas, il governatore Francesco Pigliaru è tutt’altro che fuori dai giochi.

È proprio Pigliaru la prima novità nell’avvio della campagna elettorale che porterà al voto sardo del prossimo anno. A palazzo considerano significativo il fatto che il presidente della Giunta non abbia mai espressamente detto di non volersi ricandidare. Anzi: mesi fa aveva smentito un virgolettato che sul punto gli venne attribuito dalla stampa regionale. E da allora il governatore non è mai più entrato nel merito della questione, né in un senso né nell’altro, riservandosi quindi la possibilità di tentare un mandato bis in viale Trento.

Ovvio che la scelta di Pigliaru è legata a doppio filo al futuro del Pd, non solo perché il presidente lo considera il proprio partito, sebbene non abbia mai preso la tessera, ma anche in relazione al fatto che una nuova candidatura di Pigliaru è inimmaginabile fuori dal centrosinistra. Una coalizione, questa, che alle Regionali di cinque anni fa è stata a trazione Pd, visti i diciotto consiglieri dem eletti, la metà esatta della maggioranza da trentasei. Solo che il Pd, anche in Sardegna, deve decidere cosa vuole fare da grande e al momento non è stata presa alcuna decisione.

Quanto a Maninchedda, è storia nota che il leader del Pds stia pensando a una corsa elettorale da candidato presidente. Glielo ha chiesto il proprio partito e a Maninchedda l’idea piace. Tanto che in ambienti politici le dimissioni da assessore ai Lavori pubblici sono state lette come la fase preparatoria alla candidatura alle Regionali del 2019.

Fatto sta che Maninchedda, oggi, ha chiacchierato oltre un’ora e mezza con Fantola, leader liberal-democratico passato dietro le quinte dei Riformatori, ma senza perdere mai il controllo del partito. Di cosa Maninchedda e Fantola abbiano parlato, resta un fatto privato. Tuttavia a un certo punto nel giardino della facoltà di Ingegneria, in piazza D’Armi a Cagliari dove i due si sono visti (e fatti vedere), è arrivato pure il consigliere regionale Michele Cossa, sempre molto vicino a Fantola.

Nello scacchiere elettorale i Riformatori, al pari dei partiti tradizionali, sono percepiti come una forza organica al al sistema, quindi diffusamente invisi ai cittadini che di questi tempi ascoltano solo le corde dell’anti-casta. Ma l’innesto indipendentista di Maninchedda può rappresentare quella novità capace di cambiare, almeno in parte, la percezione che gli elettori hanno degli stessi Riformatori. E il Partito dei sardi, dal canto suo, potrebbe contare sui voti dei moderati che comunque pesano ancora. Voti necessari, visto che alle urne del 4 marzo non sono stati molti quelli raccolti da Autodeterminatzione, il progetto indipendentista a cui alle Politiche non hanno rappresentato un valore innovativo, stando al 2,5 raccolto su Montecitorio e al 2,2 preso su Palazzo Madama.

Sempre Maninchedda nei giorni scorsi è stato visto a cena con Solinas, in un ristorante del corso Vittorio Emanuele, ancora a Cagliari. I due si conoscono da tempo: nella legislatura 2009-2014 hanno governato insieme, con Ugo Cappellacci presidente. L’ex assessore ai Lavori pubblici passò col centrodestra entrando dalla porta del Psd’Az, salvo poi uscire proprio per diversità di vedute con lo stesso Solinas, allora titolare dei Trasporti nella Giunta sarda.

Ma in politica certe liti si dimenticano, specie quando la posta in gioco è alta come il governo dell’Isola. Peraltro: se Solinas dovesse ragionare come il suo leader Matteo Salvini, non può avere alcun interesse a candidare alla presidenza della Regione un esponente di Forza Italia, come succede dal ’94. E anzi: il sardo-leghista potrebbe, con la candidatura di Maninchedda, spianare la strada alla costruzione di una forza politica fortemente identitaria, senza il partito di Silvio Berlusconi, anche immaginando un proprio rientro in Sardegna dopo il mandato in Parlamento.

Tutto tace sul fronte M5s, di cui è certa solo la partecipazione alla competizione elettorale del 2019. Sulla leadership, invece, la decisione va ancora presa. Sicuramente c’è un papabile, il sindaco uscente di Assemini, Mario Puddu. Il quale non solo ha deciso di non correre alle Comunali di giugno (primo segnale su una sua possibile corsa in Regione), ma anche chiesto il rito abbreviato nell’indagine che lo vede coinvolto per abuso d’ufficio. E questo è il secondo tassello del mosaico: perché da inquisito Puddu non può partecipare a nessuna competizione elettorale, ma se dovesse incassare l’assoluzione, non avrebbe più ostacoli nel cammino verso le urne.

Dopo Pasqua qualche elemento in più dovrebbe arrivare aiutando a fare chiarezza sulla partita elettorale sarda: per il 7 aprile non si esclude la convocazione dell’Assemblea del Pd, chiamata a ragionare sul destino del partito. E quella dovrebbe diventare la prima occasione politica utile a capire la direzione in cui il centrosinistra isolano intende muoversi.