Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

«Ulisse, l'eroe che inventa il concetto di responsabilità»

Fonte: L'Unione Sarda
20 gennaio 2018

Lezioni di storia Domani alle 11 al Massimo di Cagliari l'esordio con Eva Cantarella

 

 

 

 

I l viaggio di Ulisse è tema con cui la storia della letteratura e del pensiero occidentale si sono confrontati in maniera ricorrente, facendone per esempio l'emblema della sfida alla conoscenza e ai limiti imposti alla natura umana. Eva Cantarella, storica dell'antichità e del diritto, tra i più grandi specialisti contemporanei, proporrà l'analisi del mito in modo originale, legandolo al valore della scelta e dell'autodeterminazione. Domani (ore 11) sarà la prima protagonista delle “Lezioni di storia” organizzate dall'editore Laterza al Teatro Massimo di Cagliari. Sei incontri che si susseguiranno sino al 25 marzo.
Quali elementi nuovi caratterizzeranno la lettura del personaggio di Ulisse e del suo ritorno?
«Non collegherò Ulisse allo spostamento nello spazio. Piuttosto che riflettere sul viaggio dell'eroe omerico alla scoperta di sé stesso, rintraccerò in quella vicenda il percorso dell'umanità verso la consapevolezza della propria autonomia morale e la possibilità della scelta. Iliade e Odissea sono state interpretate per molto tempo come specchio di un periodo in cui gli esseri umani erano mossi esclusivamente dalla divinità. In quelle narrazioni si può intravedere invece la capacità dell'individuo di decidere in autonomia della propria vita, di assumere delle scelte».
Lei interpreterà Ulisse come antesignano della moderna tensione all'autodeterminazione?
«È personaggio diverso da quelli ritratti dai poemi omerici. Se incarna l'eroe tradizionale quando si adegua all'etica del successo propria della società di cui è parte (conta chi vince sul campo di battaglia e nella politica), se ne discosta allorché col suo comportamento mostra l'emergere di un modello di uomo nuovo. Ulisse non solo ha la sensazione di potersi autodeterminare e di riuscire a controllare gli impulsi, ma anche, talvolta, di opporsi alla volontà degli dei».
Quali passi dell'Odissea mostrano quest'emancipazione?
«Quando Ulisse, chiuso nella grotta del Ciclope, assiste all'uccisione dei compagni, vorrebbe reagire. Si rende conto tuttavia che, facendolo, non uscirà mai più. Decide quindi di attendere. Non c'è l'intervento divino dietro il suo operato. Agirà così anche rientrato a Itaca. Sulle prime vorrebbe uccidere le schiave e i Proci che lo stanno tradendo. Travestito da mendicante, è però consapevole del rischio di essere scoperto. Ma l'evoluzione del personaggio si manifesta soprattutto quando compie la strage».
In che modo?
«Quando decide di sterminare tutti i Proci, senza risparmiare nemmeno chi si dichiara non colpevole, si comporta da eroe della vendetta. Segue cioè l'etica che è alla base della società tradizionale e che non prevede la condanna sulla base della responsabilità. La rivoluzione si mostra invece quando è chiamato a decidere sulla sorte dei suoi dipendenti. Nei loro confronti sceglie di operare in un altro modo. Non uccide tutti, ma solo i colpevoli, ovvero quanti hanno agito volontariamente. In tal senso Ulisse è l'eroe che introduce concetti etici fondamentali nuovi, l'uomo moderno che accetta il principio della responsabilità, base del diritto».
Lei ricorre al mito per comprendere la storia. In Sardegna la discussione a riguardo è sempre molto accesa. Contrappone gli specialisti ad appassionati e liberi studiosi accusati di cimentarsi per la ricostruzione della storia in una mitopoiesi slegata da prove scientifiche. «Se il mito abbia o meno valore storico è questione lungamente dibattuta. L'uso come documento non è improprio. Può aiutare a capire la storia che è fatta di mentalità, oltreché di eventi. Dipende tuttavia da come lo si interpreta. Il metodo è fondamentale. Bisogna tener conto che il mito non riflette la storia piattamente, ma che talvolta la rappresenta in maniera opposta».
Quale importanza ha la divulgazione?
«È dovere di chi si è dedicato alla storia professionalmente. Impedisce che la conoscenza rimanga patrimonio di pochi. Le Goff definiva il suo mestiere come composto di tre parti, egualmente importanti: ricerca, didattica e divulgazione. Da studio e metodo non si può quindi prescindere. Il rischio, altrimenti, è di diffondere sciocchezze».
Manuela Arca