Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

L'assessore Chessa: «Basta con i ghetti, riporteremo la legalità»

Fonte: L'Unione Sarda
18 ottobre 2017

L'assessore Chessa: «Basta con i ghetti, riporteremo la legalità»


Meglio niente. Questo devono aver pensato le settanta famiglie che negli ultimi giorni hanno preferito rinunciare a un tetto sopra la testa piuttosto che andare a vivere in una casa popolare in via Seruci o in una delle tante che si affacciano su strade selezionate del quartiere di Sant'Elia. «La vita in alcune palazzine popolari è molto difficile. Le case vengono adibite a usi diversi e la gente quando vede certe situazioni preferisce rinunciare. I ghetti a Cagliari esistono da sempre, bisogna combatterli». Usi diversi è un modo alternativo per dire “attività illecite” spesso declinate nella versione dello spaccio di sostanze stupefacenti. L'assessore comunale ai Lavori pubblici con delega all'edilizia popolare Gianni Chessa sa di cosa parla. «È da 25 anni che cerco di combattere l'idea di ghetto. La prima cosa da fare è ristabilire il principio di legalità». Ogni mattina c'è almeno un inquilino che bussa al suo ufficio in piazza De Gasperi per chiedere di poter cambiare casa.
SENZA REGOLE «Ci sono tante persone per bene che vivono nelle case popolari, ma molte altre sono senza regole. C'è chi non paga il condominio, chi sporca, chi ha dei cani che disturbano e chi non pulisce. E poi l'esterno, il cortile in alcuni casi è in stato di abbandono. Non si può vivere così. Per non parlare delle case. Non dimentichiamo che su 3.300 appartamenti 527 sono sotto gli standard di legge, vale a dire che hanno una superficie compresa tra i 24 e i 44 metri quadrati dove magari vivono sei persone. Questo crea anche problemi psicologici a chi li abita. È un'emergenza, un'emergenza vera ma dura da vent'anni». Le abitazioni rifiutate dai settanta però sono tutte al di sopra degli standard abitativi minimi. Il problema in questo caso appare legato a una situazione di degrado e illegalità della zona in cui si sarebbero dovuti trasferire.
FARE SISTEMA Eppure la legge prevede che chiunque adibisca l'abitazione ad attività illecite ne perde il diritto. «La procedura per il decadimento prevista dalla legge 13 può essere attivata solo su segnalazione delle forze dell'ordine. Il Comune non può sostituirsi alle altre istituzioni. Se noi non sappiamo che in una casa è stato commesso un reato cosa possiamo fare? Manca una comunicazione efficace, come quella attivata più di dieci anni fa con un protocollo d'intesa sottoscritto con la procura e le forze di polizia per combattere le occupazioni abusive. Ne avevo ereditato più di 200 e a febbraio del 2008 ne erano rimasti solo 5. Ora però hanno ripreso a crescere. Abbiamo di nuovo 200 immobili occupati, ma la metà potrebbe essere sanata. Comunque quel protocollo non è mai decaduto, basterebbe rispolverarlo per garantire il rispetto delle regole». Fare sistema, dunque, per tagliare fuori chi viola la legge e assicurare più sicurezza nelle palazzine con canone agevolato.
GLI ABUSIVI Mentre la guerra agli abusivi finora è stata combattuta sul piano della velocità. «Ci muoviamo grazie alle segnalazioni e appena abbiamo notizia di una situazione illecita facciamo intervenire le forze dell'ordine e i servizi sociali». Scorrendo la lista d'attesa del bando per l'assegnazione dei mini appartamenti, scatole poco più grandi di un box auto in cui sono stati ricavati camera, cucina e bagno, si scovano famiglie che aspettano dal 1999. Un'eternità. «Per questo serve costruire nuove case e non adibire una sola zona all'edilizia popolare, ma realizzare piccoli condomini sparsi in tutta la città. L'esperienza dovrebbe averci insegnato qualcosa. Penso a via Carrara dove le case popolari ci sono e non se ne accorge nessuno perché ha funzionato il principio di integrazione. La risposta a questa situazione è nelle nuove costruzioni, che dovrebbero essere molte e sparse. Oppure si potrebbero acquisire edifici dai privati e destinarli a chi ne ha bisogno. Una risposta è necessaria e deve essere data in tempi stretti». Per risolvere le cose serve un piano condiviso. «È un problema politico. Occorre avviare un dialogo con l'Urbanistica per far sì che questa emergenza non resti tale».
Mariella Careddu