Rassegna Stampa

web Vistanet Cagliari

Su Rai Storia un documentario racconta il rapporto di Cagliari e dei suoi abitanti col mare

Fonte: web Vistanet Cagliari
18 ottobre 2017

Su Rai Storia un documentario racconta il rapporto di Cagliari e dei suoi abitanti col mare: luci e ombre di un legame indissolubile in una cornice di straordinaria bellezza

  
Su Rai Storia un documentario racconta il rapporto di Cagliari e dei suoi abitanti col mare: luci e ombre di un legame indissolubile in una cornice di straordinaria bellezza.

Rai Storia ha curato una serie di documentari “Mare Nostrum” dedicato alle più importanti città della penisola che si affacciano sul Mediterraneo. Ieri è andata in onda la puntata dedicata alla città di Cagliari. E tra un filmato e l’altro della città, si raccontano episodi e curiosità che la rendono assolutamente diversa da tutte le altre.


Si tratta di un racconto non tanto della città in sé, quanto del rapporto strettissimo che lega il capoluogo al mare fin dalla notte dei tempi. Un rapporto conflittuale fatto di amore e diffidenza, per un ambiente che porta allo stesso tempo sostentamento e conflitti, commercio e invasioni nemiche. Una presenza costante, tutt’altro che rassicurante. Si racconta infatti che intorno al 1200 a.C. uno tsunami di proporzioni gigantesche invase la Piana del Campidano, portando devastazione e morte, e l’episodio si tramandò nel corso del tempo, tanto che Omero lo citò come lo “Schiaffo di Poseidone”, e Platone si spinse fino a ipotizzare che la civiltà rimasta sommersa dal fango fosse quella di Atlantide. Un fatto è certo: l’archeologia ha dimostrato che tutti i nuraghi rinvenuti in quella zona sono stati trovati sommersi dal fango, cosa che non è accaduta per quelli rinvenuti nelle altre zone della Sardegna.  Tuttavia la paura atavica dell’imprevedibilità del mare è rimasta nell’animo dei cagliaritani. Lo dimostra il fatto che Cagliari non ha mai avuto una flotta per affrontare gli invasori provenienti dal mare o sviluppare i commerci, ma al contrario ha disseminato la costa di fortificazioni e torri. Questo non significa che Cagliari non abbia sfruttato le importanti risorse che il Mediterraneo le ha messo a disposizione. Il Villaggio Pescatori ne è un esempio: nato come un agglomerato di capanne che fungevano da ricovero per gli attrezzi tra lo stagno di Santa Gilla e il mare si è trasformato in un villaggio in cui le famiglie dei pescatori hanno costruito le loro abitazioni. Come raccontano gli abitanti più anziani, prima che arrivasse l’industria chimica della Rumianca negli anni ’60, l’acqua dello stagno era pulitissima, ma l’industria ha portato solo inquinamento e morte. Una qualità di arsella di forma piatta, che i pescatori del luogo chiamavano “cocciula cau”, particolarmente saporita si è praticamente estinta a causa dell’inquinamento provocato dall’attività della Rumianca compromettendo anche il territorio delle saline. Tutti sanno che a Cagliari si produce sale praticamente da sempre, ma forse molti ignorano che gli abitanti della città ottennero, dall’anno mille in poi, il privilegio di essere esentati dalla raccolta del sale, lavoro pesantissimo che veniva quindi affidato ai contadini, occorreva impiegare moltissimi lavoratori negli oltre 4000 ettari di saline. Il sale prodotto nelle saline Conti Vecchi, era di altissima qualità. Tanto che già 300 anni fa si esportava fino a Terranova in Canada, in quanto il prezioso oro bianco possedeva il pregio di non rendere amara la polpa dei merluzzi nel processo di conservazione sotto sale. Oggi le saline sono aperte al pubblico. Grazie a un accordo ENI-FAI, infatti sono state bonificate dagli effetti devastanti della Rumianca.

Etnicamente il popolo cagliaritano è difficilmente inquadrabile, un popolo che nasce in una antichissima città portuale Kalaris, dopo aver subito invasioni e colonizzazioni innumerevoli non può che essere definito “Crogiuolo etnico” e anche in questo caso l’archeologia ci viene in aiuto, non c’è scavo o esplorazione dei fondali marini che non riveli il passaggio delle più diverse civiltà che hanno trovato approdo nel golfo di Cagliari. Questo incrocio di razze, civiltà e culture ha generato però una città ricca di peculiarità: Cagliari è l’unica a possedere un’architettura urbana che anzi che esplodere e svilupparsi fuori dalle mura come tutte le altre città fortificate, è implosa sviluppandosi all’interno della fortificazione. E in epoca moderna non si può non citare un altro unicum: su uno dei promontori più belli del golfo, in epoca moderna è stato edificato il più brutto complesso abitativo di edilizia popolare della città, con materiali scadenti che oggi sono addirittura proibiti.



I cagliaritani sono gli unici che hanno fatto del proprio porto una zona di “Passeggio” un salotto in cui trascorrere momenti all’aperto nei lunghi pontili con le tante barche a vela attraccate, a differenza delle altre grandi città portuali nelle quali il porto è considerato un luogo caotico e malsano in cui si svolgono solamente attività di trasporto commerciale. A Cagliari anche le navi in porto con le loro potenti sirene, il primo maggio salutano Sant’Efisio, fulcro della devozione cittadina. La processione più lunga d’Italia e più grande del Mediterraneo, che conduce il simulacro del Santo da Cagliari a Nora e ritorno, non si fermò nemmeno con la guerra. Infatti anche nel ’43, anno del terribile bombardamento che distrusse la gran parte delle abitazioni civili, la città volle sciogliere il voto. Cagliari fu praticamente rasa al suolo per indurre Hitler a credere che gli alleati intendessero sbarcare in Sardegna, in modo da creare un diversivo, loro invece sbarcarono in Sicilia. Il Santo fu comunque portato in processione perché liberasse la città dalla pestilenza della guerra.

Se è vero però che Cagliari ha un rapporto conflittuale col mare in generale, ha invece un rapporto di profondo amore con il Poetto, la spiaggia dei centomila. Due eventi hanno segnato per sempre il rapporto tra i cagliaritani e la loro spiaggia: l’abbattimento dei casotti e il ripascimento. E le generazioni si distinguono non in base all’anno di nascita, ma in base al fatto che ci fossero o meno durante quei due eventi. La scelta di abbattere i casotti, rimarrà sempre un argomento di discussione per tutti coloro che nel 1986 c’erano già, perché il cagliaritano è per natura nostalgico e sarà capace di ignorare il gravissimo problema igienico sanitario che comportava la presenza di 1400 casotti, per sostenere che andavano salvati. Anche il ripascimento del 2002 è uno degli argomenti di conversazione dei cagliaritani, ma in questo caso il giudizio è unanime, esperti e comuni cittadini concordano nel sostenere che prelevare sabbia grossolana dai fondali e spargerla sopra la sabbia bianca e sottile come talco, sia stato l’atto più scellerato che si potesse compiere ai danni della spiaggia e del cuore dei cittadini di Cagliari, città meravigliosa che in questo documentario si mostra in tutto il suo splendore. (Dalila)