Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

«Questa mia generazione» Giovanardi e gli anni '90

Fonte: L'Unione Sarda
25 settembre 2017

Il disco Centri sociali, etichette indipendenti, rabbia, rivoluzioni, compromessi pop

 

 

U n pegno d'amore nei confronti degli anni '90, questo è “La mia generazione”, il nuovo disco di Mauro Ermanno Giovanardi. Una raccolta di cover, anzi, di versioni, sottolinea l'ex La Crus, targa Tenco per il Miglior Album con l'ultimo “Il mio stile”, che, anticipata dai singoli “Aspettando il sole” (Neffa) e “Baby Dull” (Üstmamò) ft. Rachele Bastreghi, restituisce tutto il sapore di un'epoca irripetibile. Complici, alcuni amici e attori principali della rivoluzione musicale di quegli anni: Manuel Agnelli, Cristiano Godano, Emidio Clementi e Samuel dei Subsonica, protagonisti nel disco di un intrigante gioco di specchi.
Qual è lo spirito di quei giorni che voleva conservare nell'album?
«Il cambiamento culturale che li caratterizzò. Volevo raccontare quel momento, in cui tutti noi, arrivando da un percorso alternativo, fatto di centri sociali, etichette indipendenti e un humus musicale anglofono, acquisimmo la consapevolezza che era necessario farci capire. Le major si erano accorte di quello che stava succedendo e ci diedero la possibilità di raccontarci a un pubblico più vasto e pronto per una versione italiana e credibile del proprio background».
Come ha scelto i brani da reinterpretare?
«Ho cercato canzoni che potevo cantare dall'inizio alla fine come se fossero mie, testi che sentivo di pancia».
A livello musicale, invece, come ha lavorato?
«Da interprete, ma anche da produttore e arrangiatore è stato il mio disco più difficile. Il materiale era molto eterogeneo, abbiamo dovuto capire come compattarlo e riempirlo armonicamente. Volevo farne dei classici, quindi, era necessario che la base musicale di tutti i brani fosse senza tempo, i pilastri del disco, infatti, sono la mia voce, la batteria, il pianoforte e la chitarra acustica. Infine, c'era la necessità di trovare per ogni brano un vestito che mi facesse sentire a mio agio, consentendomi di darmi al cento per cento. Credo che, alla fine, sia venuto fuori quello che sono, il mio percorso, anche se per assurdo sento che questo disco è più vicino al mio primissimo gruppo, i Carnival Of Fools, che ai La Crus».
Il primo singolo, “Aspettando il sole” di Neffa, è un brano lontano dal suo territorio.
«A sorpresa è un pezzo che ho ascoltato tantissimo, però, sì, mai mi sarei immaginato che potesse aprire il disco e essere il primo singolo. Cantare e rappare sono due mestieri diversi, mi chiedevo se ne sarei stato capace. Non ci dormivo le notti, così ho deciso di inciderlo per primo e una volta capito il meccanismo, è stato più facile di quanto mi aspettassi».
È stato più complicato tornare su “Nera Signora” dei La Crus?
«Certo! È un pezzo storico, il nostro primo brano e con otto dischi a disposizione avrei potuto scegliere altro, ma certe sfide sono importanti da affrontare».
Una vera chicca, infine, sono i featuring. Come ha deciso gli abbinamenti?
«“Huomini” dei Ritmo Tribale con Manuel Agnelli, perché siamo compagni di merende dall'86, abbiamo passato insieme il periodo della Vox Pop, della scena milanese, la Mescal, insomma, mi sembrava che rifare con lui un pezzo di un disco che avevamo prodotto con la Vox Pop fosse la cosa più logica. Pensando a “Discoteca Labirinto” mi è sembrato naturale chiedere a Samuel di cantare “Cieli Neri” dei Bluvertigo. E poi Rachele Bastreghi dei Baustelle in “Baby Dull” degli Üstmamó, perché se c'è un gruppo che è figlio legittimo di quella stagione, sono proprio loro. Sì, eravamo tutti diversi musicalmente, ma ci univa un retaggio culturale comune».
Cinzia Meroni