Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

Il Poetto e la sabbia che sparisce In 15 anni la spiaggia si è dimezzata: svanito l'effetto ripasci

Fonte: L'Unione Sarda
19 settembre 2017

 

Sandro Demuro, docente di Conservazione dei litorali: «Non è un salotto, si cambi l'approccio»

Il Poetto e la sabbia che sparisce In 15 anni la spiaggia si è dimezzata: svanito l'effetto ripascimento 

Da Marina Piccola al Marino la spiaggia continua ad arretrare, metro dopo metro. Ed è ormai tornata ai livelli della fine degli anni '90, quando si mise in cantiere la criticatissima operazione ripascimento realizzata nel 2002. Come dimostra il raffronto delle foto scattate dalla Sella del Diavolo dal nostro Giuseppe Ungari, il Poetto ha perso in quindici anni quasi la metà della sua sabbia in favore del mare, ma ciò avviene solo sul versante cagliaritano. Il tratto del litorale di Quartu conserva infatti quasi integralmente il suo profilo e anzi, verso il Margine Rosso l'arenile è cresciuto di parecchi metri.
UN ORGANISMO VIVO «In realtà la spiaggia del Poetto è volumetricamente stabile, ma non ce ne accorgiamo perché si muove: è un organismo vivo, che va e torna. Il guaio è che invece la si vorrebbe immutabile e la usiamo come se fosse una piazza o un salotto». Sandro Demuro conosce il Golfo degli Angeli come le sue tasche. Docente di Morfodinamica e conservazione dei litorali all'Università di Cagliari, studia da anni il dna geologico del Poetto ed è uno degli ideatori del progetto Neptune, una rete di monitoraggio delle correnti e dei fondali marini che controlla lo stato di salute del litorale cagliaritano e quartese.
COME UN ICEBERG «La spiaggia è un sistema complesso in cui la parte emersa, quella in cui piazziamo gli ombrelloni, rappresenta il 7% - spiega -. È come un iceberg, insomma, la maggior parte sta sott'acqua. Il Poetto nel suo complesso sistema si estende lungo 12 chilometri, si muove continuamente, cambia dall'estate all'inverno, oscilla sia sul piano verticale che orizzontale, cresce magari dove non vorremmo e si ritira da un'altra parte». Fa così da sempre, da millenni. «Alcune foto scattate dagli aerei tedeschi nel 1937 dimostrano come l'arenile all'epoca aveva più o meno la profondità attuale».
I PERICOLI Tutto bene dunque? Purtroppo non è così. «Il problema è l'impatto umano - prosegue il docente -. Il Poetto è fortemente urbanizzato, soprattutto sul versante cagliaritano, e ciò altera queste oscillazioni naturali, le strutture e i manufatti presenti impediscono alla spiaggia di muoversi e l'uso di mezzi meccanici come ruspe e trattori per eliminare la poseidonia non solo cambia la forma della spiaggia ma è la principale causa della sua erosione. A ottobre arriveranno le mareggiate e la spiaggia sarà più esposta perché non è stata fatta pulizia bensì movimento terra. Sin quando non si capirà questo non si risolverà il problema: la poseidonia protegge la spiagga in inverno, se la togliamo via con le ruspe perderemo anche la sabbia».
I RIMEDI Demuro è uno scienziato. Ma è anche realista. «So che ci sono tanti discorsi attorno, quello dello sviluppo e dei posti di lavoro. Ma lo sviluppo deve essere sostenibile, si deve cercare un equilibrio. Sa da dove viene la sabbia banca del Poetto? Dalle falesie di Capo Sant'Elia e della Sella del Diavolo: l'erosione di quella roccia renaria è da sempre il serbatoio della spiaggia. Eppure sento di progetti per bloccare i crolli nella falesie e dunque il loro naturale processo erosivo: se si realizzassero il Poetto smetterebbe di avere la sua riserva naturale di sabbia, sarebbe una follia». Che fare dunque? «Serve un approccio diverso - conclude Demuro -. È necessaria ad esempio una gestione del bene ambientale unitaria, perché ciò che si fa a Cagliari influisce su Quartu e viceversa, così come servono delle autorithy per ogni litorale affiancate da esperti. Ma soprattutto serve che le persone - cagliaritani e turisti - vengano educate a non usare la spiaggia come una piazza, altrimenti non resta che fare un altro ripascimento, scordandosi però per sempre la sabbia bianca e il mare cristallino».
Massimo Ledda