Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

«Mi sono innamorata» La folgorazione di Gramsci

Fonte: L'Unione Sarda
15 settembre 2017

Su il sipario A tu per tu con Clara Murtas, oggi al Massimo con Corrado Giannetti

 

 

P er fare la rivoluzione bisogna passare attraverso una porta stretta. Scuotere il senso del mondo con una domanda, semplice e diretta, alla quale provare a dare una risposta: si può amare la collettività senza aver prima amato una persona fisica, un individuo, un solo essere umano? Si può raggiungere l'universale senza aver prima conosciuto il particolare?
È l'interrogativo che ha arrovellato Antonio Gramsci, il più grande filosofo italiano del Novecento, fin da quando giovanissimo decise di portare su di sé - per quanto gracilissimo - il grave fardello della condizione operaia, delle masse, dei più deboli.
La risposta per Gramsci arrivò come una folgorazione, con un nome e un cognome: Giulia Schucht, la straordinaria donna che lo fece innamorare e che diventò sua moglie.
«Da questa domanda nasce il nostro spettacolo, “Essere Gramsci”, in scena ancora oggi alle 21 al Teatro Massimo di Cagliari (replica Teatro Eliseo di Nuoro il 19 novembre alle 18) con testi del filosofo Giorgio Baratta», spiega Clara Murtas, che di questa trasposizione teatrale ha curato l'adattamento drammaturgico. Sul palco insieme a Corrado Giannetti.
“Essere Gramsci” è l'umanità intera con la sua storia drammatica, i suo dolori e le sue passioni, vista attraverso l'occhio di un grande uomo: che per primo sperimentò sulla sua pelle che l'amore è una passione in grado di cambiare nel tempo non solo la coscienza individuale, ma soprattutto quella collettiva. «Con una consapevolezza: dove non c'è il primo passaggio, non si arriva al secondo».
Come nasce questo lavoro?
«Nasce, manco a dirlo, con un innamoramento: il mio nei confronti di Gramsci. Partendo da un lavoro di un filosofo, Giorgio Baratta, docente di filosofia Morale all'Università di Urbino, ho riscoperto alcuni testi, trovandoli estremamente vivi, straordinariamente contemporanei. Nella sua lettura del mondo c'è tutta la sua totale umanità, la completa immedesimazione con la condizione umana, una ricerca continua e costante di equilibrio tra azione, pensiero e sentimento».
C'è l'amore come molla, come motore immobile dell'universo…
«Sì, aristotelicamente è così. C'è soprattutto un amore vero, assoluto per una donna, una piena capacità di amare da parte di un uomo che è stato spesso accusato di aver scelto la politica, tralasciando la famiglia. Gramsci insegna che per essere un vero rivoluzionario è necessario desiderare, amare fino in fondo la propria salvezza. E che per desiderare la salvezza dell'umanità è necessario conquistare prima la propria, e viceversa».
Non si può amare la collettività senza aver amato.
«Lo dice anche San Paolo: se non avessi l'amore non sarei nulla. Non si smette mai di rispondere a ciò che è stato scritto fuori dalla risposta: i significati passano, la domanda resta. L'oppresso non è niente, ha in sé una parola sola, quella della propria emancipazione, padrona di tutti i gradi possibili della dignità. L'oppresso fa il mondo, se l'amore lo trasforma. Ma per fare la rivoluzione bisogna essere grandi. Essere completi». Essere Gramsci.
Guido Garau