Rassegna Stampa

La Nuova Sardegna

«Non lottizzate anche il centro storico»

Fonte: La Nuova Sardegna
3 giugno 2009

MARTEDÌ, 02 GIUGNO 2009

Pagina 1 - Cagliari

di Roberto Paracchni 



Italia nostra lancia l’allarme: «I vuoti devono diventare spazi pubblici per tutti»



L’associazione ambientalista: «Il piano particolareggiato vuole stravolgere gli antichi rioni»

CAGLIARI. I «vuoti» urbani nel centro storico sono pari a quasi ottantamila metri quadrati (79.960). La maggior parte sono considerati «ambiti di trasformabilità» dal piano particolareggiato dei vecchi rioni: per il «ripristino della continuità edilizia» o per la «ricostruzione del tessuto urbano». In pratica «si vogliono costruire soprattutto nuove case - sottolinea Maria Paola Morittu, responsabile regionale di Italia nosta per i beni monumentali e paesaggistici - ma così si stravolgono gli antichi quartieri finendo col realizzare un finto antico veramente terribile».
Da tempo le associazioni ambientaliste puntano a limitare la realizzazione di nuovi edifici urbani a favore di un recupero dell’esistente. «In questo caso, però - sottolinea Morittu - va detto che in città abbiamo già tantissime case inutilizzate. Secondo l’ultima rilevazione dell’Istat vi sono settemila e ottocento appartamenti sfitti e, stando a delle rilevazioni ufficiose (ma che saranno rese pubbliche tra breve), gli alloggi liberi sarebbero quasi tredicimila. A che servono tutte queste nuove costruzioni?».
Il piano particolareggiato del centro storico divide gli antichi rioni in tre tipologie: gli ambiti di trasformabilità (e sono i più numerosi), i luoghi della «memoria» e gli elementi spaziali di interconnessione (quelli strategici). In tutto si tratta di trentacinque «vuoti urbani», alcuni anche molto ampi. Ed è proprio sul modo di intendere il loro utilizzo futuro (spazio pubblico e socializzabile o «ripristino della continuità edilizia») che si scontrano due modi di considerare il centro città.
Per Morittu, però, il problema non è tanto quello di impedire l’inserimento di elementi moderni in contesti storici, quando «quello di non fare pasticci». Oggi «in Castello, ad esempio, si sta stravolgendo un ambiente medievale con un finto antico che fa solo danni. Io abito in questo quartiere e vedo elementi decorativi inseriti come cornici alle finestre fatti in polistirolo, poi ricoperti e dipinti. Vedo gli intonaci realizzati con una base di cemento, mentre tutti sanno che sul tufo (materiale prevalente in Castello) si utilizza la calce. Nessuno, insomma, fa un restauro filologico. E così capita che appena terminati, gli intonaci si stacchino e, come capita nei rcenti recuperi di edifici pubblici, si fa il restauro al restauro». Ma succede anche «che nel fare un nuovo lastricato stradale, sotto si mantenga quello vecchio con logiche incomprensibili».
Secondo il Comune il piano particolareggiato del centro storico dovrebbe riportare un po’ d’ordine. Anche se anche nei «vuoti strategici» e di interconnessione, come l’area di via San Saturnino e via Tristani, la Giunta ha approvato un piano di lottizzazione. Lo stesso dicasi per l’area tra via Mameli e via Carloforte, per la quale è stato presentato un piano che prevede la realizzazione di due fabbricati e di parcheggi interrati. Per via Tristani ha precisato una settimana fa Massimiliano Tavolacci, Udc e presidente della commissione consiliare comunale all’Urbanistica), «abbiamo chiesto alla Giunta di proporre ai proprietari (che avevano proposto il progetto prima del piano particolareggiato) una permuta con un’altra area».
Per Italia nostra, però, anche le zone considerate dal piano «trasformabili» sono preziose. «Ad esempio - continua Morittu - in via Dei Genovesi e via La Marmora dove ci sono i ruderi del palazzo Aymerich e il prezioso portico Laconi è previsto il recupero e il restauro del preesistente volume. Come dire la sua ricostruzione. Ma è la stessa Giunta che si contraddice. Nel piano quadro del centro storico quell’area veniva considerata C2-S2 e “C2” vuol dire “vuoto edificabile”; mentre nell’allegato “C” del piano regolatore, quel che restava dell’Aymerich era segnalato tra i palazzi storici, da indicare anche alla soprintendenza». L’associazione ambientalista non ha dubbi: «Se si permette di costruire anche solo uno di questi vuoti si stravolge il rione di Castello. Col palazzo Aymerich si dice che si riprodurranno le vecchie tipologie ma, ovviamente, non può che essere un’altra cosa. Noi - sottolinea Morittu - avevamo proposto di consolidare le strutture esistenti trasformandole in laboratorio per la facoltà di architettura e di trasformare il resto (l’area demolita) in un grande orto urbano al servizio del quartiere». Nel piano si parla di «ricostruzione» anche in via del Collegio, via Ascquer, via Manno («ristrutturazione e ampliamento del preesistente volume»), nell’area tra via Dei Genovesi e via Cannelles, tra via Dei Genovsi e via Portico Vivaldi («ricostruzione del tessuto urbano»). Poi anche in via Ozieri, via Piccioni, via San Giacomo, vico V e VI San Giovanni, via Mameli, via Buragna, via Santa Restituta, Corso Vittorio Emanuele e via Palabanda.