Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

Tazenda, trent'anni di musica con la Sardegna nel cuore

Fonte: L'Unione Sarda
15 giugno 2017

 

 

 

« I l nostro primo disco lo produsse la Ricordi, a Mara Maionchi piaceva molto ma non sapeva in che sezione metterlo». L'aneddoto lo racconta il chitarrista Gino Marielli, creatore dei Tazenda insieme al tastierista Gigi Camedda e al cantante Andrea Parodi. L'anno era il 1988 e la musica etnica agli albori. Sono passati trent'anni e il gruppo portotorrese è più che mai attivo, magari con venature più pop e rock: 15 album, tre dischi d'oro (“Murales”, “Limba” e “Madre Terra”) e uno di platino (“Vida”), tante idee. Una lista di collaborazioni illustri che si allunga: Bertoli, De André, Maria Carta, Ramazzotti, Renga, Kekko dei Modà, Grignani, Marco Carta e Bianca Atzei. C'è un compleanno da celebrare domenica all'Arena Sant'Elia di Cagliari (ore 21) nella chiusura di “Più Tua Cagliari”, la grande iniziativa organizzata in città da Il Gioco del Lotto.
Trent'anni sul palco, come immaginavate il futuro quando avete iniziato?
«Navigavamo a vista. Eravamo già trentenni e avevamo fatto esperienza con il Coro degli Angeli, ma era tutto nuovo e proponevamo un genere musicale che non era folk o pop, e cantavamo in sardo. La fortuna è stata Sanremo 1991 che ci ha sdoganato con “Spunta la luna dal monte” e il secondo album “Murales” ha venduto 200 mila copie».
Avete dovuto cambiare cantante: dopo Andrea Parodi e Beppe Dettori ora c'è Nicola Nite, questa è la versione Mark III per dirla alla Deep Purple?
«Noi la chiamiamo la Terza Repubblica dei Tazenda».
Nel 1994 a Sassari avete fatto da apertura al concerto di Sting, qualche aneddoto?
«Uno bello è che negli anni abbiamo incontrato gente che aveva la felpa con le parole di “Chelu nieddu” e ci hanno detto che sono venuti per noi non per Sting. Quello brutto è che i tecnici inglesi sono così professionisti che rispettano gli orari al secondo, ci hanno detto smettete alle 9.45 e a quell'ora ci hanno staccato la luce mentre noi cantavamo ancora il pezzo. Comunque è stato molto bello».
Tante collaborazioni illustri, cosa vi hanno lasciato?
«De André era carisma e intelligenza, Eros Ramazzotti è stato un leone nonostante il suo genere sia lontanissimo dal nostro, Maria Carta illuminava la stanza quando entrava, con Grignani abbiamo scritto i testi sui tovagliolini a pranzo, Kekko è esplosivo e creativo, Renga un allegrone e poi che voce! Bertoli è stato il primo e ci ha aperto un mondo».
Qualche vostro disco meritava più fortuna?
«Sardinia, secondo me è bellissimo. L'aveva cantato Andrea ma poi è andato via dal gruppo e l'abbiamo dovuto ripistare, senza avere trovato un altro cantante, forse sarebbe stato un altro “Murales”. Invece “88” fatto tutto con inediti ha sofferto di beghe discografiche nella promozione»
Due anni fa avete lanciato il progetto “Archeos Tour” per valorizzare l'archeologia sarda, come è nata l'idea?
«È venuta un po' a me e un po' a Luca Parodi: volevamo sfruttare la forza comunicativa del nostro concerto e non mandare nel vidiwall alle nostre spalle le nostre immagini. Abbiamo evitato gli stereotipi del mare, in Sardegna abbiamo tante Stonehenge, l'altare preistorico di Monte D'Accoddi e tanto altro. Possiamo attirare i turisti ma queste meraviglie archeologiche vanno sapute raccontare. Ci siamo fatti aiutare dal fotografo Nicola Castangia».
Nel concerto di Cagliari cosa proporrete?
«La nostra musica. Alcuni pezzi sono intoccabili, come “Mamoiada”, “Carrasecare”, “Spunta la luna dal monte” e “Nanneddu meu” per citarne qualcuno. Metà della scaletta è fissa».
Giampiero Marras