Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

Passioni tra Pasqua e l'Assunta

Fonte: L'Unione Sarda
1 giugno 2009

Festival di Sant'Efisio. Ieri sera al Lirico di Cagliari debutto di “Cavalleria rusticana” e “Pagliacci”

Il dittico verista: emozioni forti e molti applausi

La scenografia di base è una gradinata. Nera per Cavalleria rusticana , come cupo è il dramma che si rappresenta, bianca per Pagliacci : il colore del sogno, dell'innocenza perduta. Tra l'una e l'altra si svolgono le azioni del dittico verista andato in scena ieri tra molti applausi al Teatro Lirico di Cagliari nell'allestimento del Massimo di Palermo con la direzione di Marko Letonja e la regia di Lorenzo Mariani. Storie forti, sostenute da una musica coinvolgente, dove le emozioni appena accennate sono bandite. E dominano i sentimenti estremi: la passione, la gelosia, la furia che conduce alla morte.
È una scalinata che rievoca chiacchiere e incontri all'uscita di una chiesa, quella che fa da sfondo all'atto unico di Pietro Mascagni (dove l'Intermezzo vale l'intera opera). È l'arena di un circo quella che accoglie il pubblico chiamato ad assistere al dramma di Canio e Nedda. Nell'una e nell'altra, protagonisti e spettatori sono uniti in una sorta di «catarsi di emozioni in stile mediterraneo», che molto ricorda la tragedia greca. «In queste due opere tutti sanno, tutti fanno, tutti vedono», ha spiegato il regista. Che ha ambientato Cavalleria negli anni previsti dal libretto (fine Ottocento) e ha spostato Pagliacci agli anni Cinquanta, restituendo al lavoro una cifra felliniana ricca di fascino e di eleganza. Due storie che finiscono male, malissimo, e non poteva essere altrimenti. Sentimenti esasperati, passioni nascoste o gridate, tradimenti e gelosie, come si sa non producono niente di buono. E a nulla serve che Santuzza si autodefinisca infame e si penta di aver spinto compare Alfio a uccidere Turiddu. Il dramma si compie e la ragazza viene quasi ingoiata - sulla gradinata che tutto ha visto - da quattro coppie di neri danzatori che la seguono ovunque. Sono la sua coscienza, il suo rimorso perenne. E rappresentano uno dei momenti più felici di questa regia, barocca e insieme essenziale, proprio come la storia che racconta. A dominare la scena un gigantesco San Pietro che guarda (troppo) dall'alto i disastri delle umane azioni. Davanti alla sua mole, anche il Cristo, anche la Madre dell'ingenuo rito popolare dell'Incontro appaiono miseri e impotenti.
Per un'opera luttuosa e priva di luce, che si svolge nello spazio di un giorno - quello della Pasqua di Resurrezione - un'altra tutta bianca sospesa nel sogno e nell'incubo. È teatro nel teatro quello che Pagliacci propone al pubblico. Ed è tragedia nella commedia. Con una gamma di emozioni che vanno dal grottesco al tragico, «un po' divertissement, un po' Pirandello». Sospeso (e quindi attualissimo) tra fiction e verità.
Alla fine (e a scena aperta) molti applausi per “Cav-Pag” da parte di un pubblico che aveva una gran voglia di assistere al dittico verista. I cantanti, assai espressivi anche come attori, (su tutti Santuzza e Nedda) erano per Cavalleria Ildiko Komlosi (Santuzza), Sarah M'Punga (Lola), Francesco Anile (Turiddu), Gevorg Hakobyan (Alfio), Cinzia De Mola (Lucia). Per Pagliacci Amarilli Nizza (Nedda), Piero Giugliacci (Canio), Gevorg Hakobyan (Tonio), Gregory Bonfatti (Peppe), Luca Salsi (Silvio). L'orchestra del Lirico era diretta dallo sloveno Marko Letonja, alla prima opera a Cagliari, scene e costumi di Maurizio Balò, luci di Guido Levi, coreografie (essenziali e per questo importanti) di Luciano Cannito. Fondamentale come sempre il coro diretto da Fulvio Fogliazza e quello delle voci bianche di Enrico Di Maira. Prima dell'inizio, un minuto di raccoglimento per le vittime della Saras.
MARIA PAOLA MASALA

30/05/2009