Anniversari Cagliari 28 febbraio 1943
Quella strage all'uscita dalla messa
O ggi Cagliari piange i suoi morti dei bombardamenti del 1943. Quel 28 febbraio di 74 anni fa, una domenica di sole, fu davvero l'Apocalisse. Il cielo si oscurò per il numero di aerei americani che in pochi minuti scaricarono sulla città una pioggia di bombe. Un massacro. Quella mattina si dissolse l'illusione popolare di considerare Cagliari «città aperta» che nonostante il porto, gli aeroporti, gli alti comandi e i depositi bellici, si pensava sarebbe stata risparmiata. L'esodo iniziato lentamente diventò un'inarrestabile fuga verso i paesi dell'interno. In pochi giorni il capoluogo si trasformò in una città fantasma.
LA DISTUZIONE Praticamente fu cancellato da una serie impressionante di bombardamenti: i monumenti, i due splendidi teatri, il Bastione Saint Remy, antiche chiese come San Domenico, il Carmine, Sant'Anna, San Saturnino, il Municipio di via Roma, la bella via Roma con la palazzata e i portici, la stazione e il porto, i rioni storici di Stampace, Villanova, Marina e Castello, tutto fu ridotto in macerie. Si salvarono solo i quartieri periferici di Sant'Avendrace e San Michele.
IL 7 FEBBRAIO Le avvisaglie che la guerra stava prendendo una nuova svolta arrivarono il 7 febbraio 1943 col primo grande raid aereo sulla Sardegna. Obiettivo gli aeroporti che furono danneggiati pesantemente. Cagliari fu risparmiata. Si contarono appena 27 morti, tutti militari italiani e tedeschi. I cagliaritani non si preoccuparono più di tanto perché sin dall'inizio della guerra si erano abituati al periodico squillare delle sirene d'allarme, al ronzìo alto di velivoli inglesi e francesi che puntavano verso bersagli strategici, allo scoppio di bombe che cadevano rare e non mietevano vittime. Si andava nelle cantine e si aspettava il suono del cessato pericolo. E la vita continuava come sempre. I rifugi pubblici, ricavati nelle grotte, si erano cominciati a riempire dopo il bombardamento del giugno 1942 quando la città vide i primi morti. Furono una dozzina, tutti in un colpo, mentre crollarono diversi edifici.
LA MEMORIA Ogni anniversario è un momento importante per rievocare quella tragedia di 74 anni fa, ignorata dai libri di storia, sconosciuta alle nuove generazioni, viva solo nella memoria di chi, allora giovanissimo, visse l'orrore di quei giorni ed ha impresso per sempre le immagini di una città desolata e ridotta in macerie. I sopravvissuti alle bombe del '43 sono oggi ultraottuagenari, ultimi testimoni di un'epoca ormai lontana e di cui, tuttavia, restano ancora visibili tracce negli spazi liberati dalle macerie e mai più edificati a Stampace, Marina e Castello.
L'ILLUSIONE L'illusione dell'impunità non durò a lungo e si spezzò improvvisamente nel febbraio del 1943. Gli alleati americani avevano messo in piena azione la loro formidabile macchina da guerra e dopo la conquista dell'Africa nordoccidentale puntarono anche sulla Sardegna, l'isola che Mussolini avevano definito per la sua posizione strategica «la portaerei del Mediterraneo», per giunta inaffondabile. Cagliari e i suoi scali aerei e marittimi divennero uno dei bersagli più importanti delle operazioni angloamericane, in vista di un possibile sbarco in Sardegna. Quel febbraio i cagliaritani, anche i più ostinati, si resero conto della nuova e terrificante realtà. Il 17, appena dieci giorni dopo il primo vero attacco, il cielo si riempì di bombardieri con la scorta dei caccia. Erano da poco trascorse le 14 di una giornata luminosa quando, senza che squillassero le sirene d'allarme, piovvero bombe a grappoli sulla città cogliendo di sorpresa gli abitanti per strada e nelle case. Le bombe, le famigerate daisy cutter (margherite taglienti) che esplodevano al primo impatto, si frammentavano in mille pezzi spargendo tutto intorno migliaia di micidiali schegge. La grandinata investì gran parte del centro cittadino causando una strage: 50 morti e centinaia di feriti.
VENERDÌ 26 Era solo il prologo del devastante attacco scatenato tra venerdì 26 e domenica 28. Il venerdì durò appena una quindicina di minuti, ma tanto bastò per fare 73 morti e 286 feriti. La domenica mattina erano appena passate le 12,55 e la gente, quella che si era attardata ad abbandonare la città, stava uscendo da messa. Nel cielo apparvero le fortezze volanti che a ondate scaricarono il loro carico di morte. Duecento le vittime secondo i bollettini ufficiali, centinaia i feriti, ma sicuramente andò peggio. La città andò sgretolandosi come un castello di carte, tra il fumo delle esplosioni, il fuoco degli incendi, la polvere bianca della distruzione che tutto avvolgeva, uomini ed edifici. Fu una carneficina, causata dalla sorpresa di un giorno di festa e dal mancato allarme non lanciato dal sistema difensivo.
IL 31 MARZO «L'opera di distruzione - come scrissero Marco Coni e Franco Serra nell'insuperato volume "Cagliari portaerei del Mediterraneo" del 1982 - fu completata con i raid del 31 marzo (una sessantina le vittime) e soprattutto del 13 maggio con l'attacco più massiccio mai visto di 103 quadrimotori e 94 bimotori americani. I morti furono solo cinquanta perché la città era ormai deserta».
MEDAGLIA D'ORO Il bilancio finale di quei 3 mesi fu di un migliaio di vittime e molte centinaia di feriti: l'elenco, però, è incompleto perché molti non furono identificati, di tanti si ritrovarono solo parti dei corpi dilaniati e altri si dissolsero nelle esplosioni o furono inghiottiti sotto le macerie. Nel 1950 alla città fu conferita la medaglia d'oro al Valor Militare.
Carlo Figari