Rassegna Stampa

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In Sardegna c’è un centrosinistra a due velocità: tra i politici di riferimento Zedda vola nei conse

Fonte: web Vistanet Cagliari
17 gennaio 2017

In Sardegna c’è un centrosinistra a due velocità: tra i politici di riferimento Zedda vola nei consensi, Pigliaru sprofonda


Non c'è al momento in Sardegna un'area politica che abbia delle certezze sul suo futuro. Anche il centrosinistra, che negli ultimi anni ha conquistato praticamente tutte le principali poltrone dell'isola, dai municipi più importanti alla Regione, vive un momento di grandi punti interrogativi. Non si spiegherebbero altrimenti gli indici di gradimento riguardanti la Sardegna, pubblicati oggi da Il Sole 24 ore su politici e amministratori di tutta Italia. Bene, Francesco Pigliaru e Massimo Zedda, i due più importanti esponenti politici del centrosinistra isolano, viaggiano a velocità diametralmente opposte.

Il presidente della Regione ha dilapidato in un anno quasi 12 punti percentuali, passando da un 42,5% a un 30% di consensi e piazzandosi al penultimo posto tra tutti i governatori. Il sindaco di Cagliari ha guadagnato invece oltre 7 punti percentuali rispetto al giorno delle elezioni (il secondo miglior avanzamento tra tutti i sindaci italiani, +7,1% contro il +7,4% della sindaca di Torino Chiara Appendino), guadagnandosi l'approvazione del 58% dei Cagliaritani e piazzandosi al 15esimo posto tra i sindaci d'Italia.

Cosa c'è dietro al successo di Zedda e al crollo di Pigliaru? «È un risultato che senza dubbio fa piacere: significa che i cittadini apprezzano il lavoro che si sta facendo in continuità con la scorsa consiliatura, nonostante le difficoltà che i Comuni affrontano ogni giorno. È un riconoscimento che gratifica, ma come sempre leggo i risultati di questo sondaggio come uno stimolo a fare meglio», fa sapere Zedda. Non da un luogo qualsiasi, ma da Lecce, dove il primo cittadino partecipa oggi a un incontro con altri sindaci di area progressista, quella che – ormai è un fatto noto – Zedda vuole contribuire a ricostruire.

Nessuno è profeta in patria si diceva una volta di coloro che erano apprezzati solo dopo aver abbandonato il porto natìo. In questo caso Zedda profeta in patria lo è a tutti gli effetti così come gli altri sindaci con cui si incontra oggi: Antonio Decaro, in calo, ma sempre molto in alto in classifica a pari merito con Zedda e Andrea Soddu di Nuoro al 15esimo posto, e Federico Pizzarotti, l'ex 5 Stelle titolare del municipio di Parma al terzo posto assoluto dietro Chiara Appendino e Dario Nardella. Insomma i sindaci “vincenti” si “annusano” e si riconoscono. Sono i protagonisti di una nuova stagione politica fatta di presenza costante sul territorio e vicinanza ai cittadini. Se vogliamo lo stesso Matteo Renzi – e non è un caso che il suo successore e amico Dario Nardella sia il secondo sindaco più amato d'Italia – ha costruito il suo successo proprio sull'apprezzamento ricevuto nei suoi anni da primo cittadino.


Vero è che Zedda è fresco di riconferma – il suo secondo mandato è iniziato solo sette mesi fa – e che questo influisce generalmente molto sull'indice di gradimento. Ma evidentemente il forte impegno nella riqualificazione urbana intrapreso con la sua giovane Giunta un po' in tutti i quartieri della città lo ha premiato. Decisive le risoluzioni di alcune annose questioni che si perpetravano negli anni: il Poetto e l'approvazione del nuovo stadio del Cagliari Calcio su tutte.

Cosa non funziona invece in Viale Trento? Dai vertici non trapela molto. Il presidente è ancora ricoverato per i problemi respiratori che lo affliggono da qualche settimana e non si ha modo di avere un commento sulla graduatoria del Sole 24 ore.

Ma i motivi di un calo così pesante nei consensi non sono difficili da individuare. In primis va detto che le modalità di elezione dell'attuale presidente e della sua Giunta, in carica ormai da quasi tre anni, sono state fin dal principio molto più sofferte di quelle di Zedda. Pigliaru fu scelto dai vertici del partito dopo il tragico fallimento delle primarie che avevano premiato Francesca Barracciu, candidatura poi tramontata per le note vicende giudiziarie che la vedevano coinvolta. Un placet arrivato un po' dall'alto, in un momento storico in cui i governi composti da tecnici avevano ancora un pizzico di fascino. Ora che il Movimento 5 Stelle, formazione politica che fa del consenso dal basso il proprio punto di forza, è il primo partito in Italia, quei tempi sono molto lontani.


Andando a cercare di capire dove è calato il consenso bisogna dire che sono in tanti a imputare alla Giunta Pigliaru la colpa di non aver saputo intuire e risolvere le vere priorità della Sardegna. Non tanto le opposizioni, il cui dissenso è scontato, quanto le tante associazioni di categoria e i semplici cittadini. Trasporti, disoccupazione cronica, spopolamento, turismo. Erano questi i grandi punti interrogativi a cui Pigliaru e soci erano stati chiamati a rispondere. Questioni importanti, che rimangono dopo quasi tre anni se non al punto di partenza, quasi.

Pigliaru poi a differenza di Zedda è dentro il Pd. Non il Pd in generale, che ha comunque molte gatte da pelare, ma il Pd sardo, un partito che non gode di buona salute da tempo: senza un segretario da 7 mesi, commissariato da Roma e dilaniato dalle lotte tra le varie correnti. Un partito, in aggiunta, che in Sardegna è sempre più visto come il partito nemico dell'autonomia e dell'autogoverno, data la sua presenza al potere sia a Villa Devoto che a Palazzo Chigi. E l'autonomia, il ripiegamento verso il proprio "villaggio", di questi tempi paga.

Il colpo di grazia è arrivato il 4 dicembre con la sconfitta del Sì al Referendum costituzionale, che aveva visto il governatore e la sua Giunta solidamente schierati per il Sì, fatta eccezione per l'assessora all'Agricoltura Elisabetta Falchi (poi dimissionaria) e l'assessore ai Lavori Pubblici Paolo Maninchedda. Il referendum ha indebolito la Giunta sia a livello elettorale, sia al suo interno, con le dimissioni di Falchi e dell'assessore agli Affari Generali Gianmario Demuro (principale sostenitore del Sì in Sardegna). Ma è stato anche il primo metro di un calo di consenso, che Zedda a differenza di Pigliaru ha saputo anticipare, non schierandosi pubblicamente sul referendum. Ma si sa, fuori dal Pd è tutto più semplice.