NUOVE POVERTÀ. «Chi non ha soldi da parte, davanti a un imprevisto è in difficoltà»
Ristrettezze economiche e attese infinite: molti rinunciano Un'analisi specialistica da fare. Oppure il pranzo e la cena da mettere insieme. Spesso, racconta Maria Laura Maxia, a lungo presidente e oggi volontaria del Tribunale del Malato, il dilemma è quello. E se la prorità è mangiare, la salute rischia di essere considerata un bene superfluo. La scelta (obbligata) di non curarsi non riguarda solo i poveri: «Per una famiglia con due figli che studiano e in cui lavora solo uno dei genitori, un problema sanitario può essere una difficoltà insormontabile», conferma Fabio Barbarossa, a lungo segretario regionale della Federazione italiana medici di famiglia. «O hai soldi da parte o ti trovi scoperto. E a volte basta anche un'analisi del sangue: 70/80 euro».
AL TELEFONO Nel suo ambulatorio, dove «dopo 35 anni di attività non ho più pazienti ma amici», ogni tanto capita che, davanti alla necessità di un esame particolarmente costoso, magari da fare in continente, scatti la confessione: “Quei soldi non ce li ho”. E il medico, in questi casi, che fa? «È dura. Ti trovi davanti un paziente con un problema di salute e dietro non hai niente e nessuno. Sa quanto tempo passo al telefono per raccontare certe situazioni ai colleghi di questa o quella struttura? Si fa appello allo spirito umanitario. Spesso, spiegando che si tratta di un indigente, riesco a fare in modo che non paghino niente».
QUASI UNA FAMIGLIA SU DUE Succede a Cagliari come nel resto d'Italia. Lo racconta il sondaggio che, qualche giorno fa, ha giustamente trovato posto sui principali organi d'informazione: nel Paese quasi una famiglia su due, secondo i rilievi di Demoskopika, rinuncia a curarsi. La ragione principale? Motivi economici. Seconde in classifica: le liste d'attesa. «Che in realtà sono una sola motivazione», sostiene Maxia. Per spiegarsi, racconta un caso concreto.
APNEE Uomo, sui 40 anni, cardiopatico. Vive grazie a una modesta pensione d'invalidità: poco più di 500 euro al mese. Soffre di apnee notturne. Detta così sembra una sciocchezza: «Invece è un problema serissimo: durante le apnee, non arriva ossigeno al cervello che finisce per subire dei danni», spiega Maria Laura Maxia. Per anni a capo del Tribunale del Malato, Maxia continua a occuparsi da volontaria dei diritti dei pazienti. Il caso che sta seguendo in questi giorni è emblematico. «C'è una cura: una mascherina di ventilazione che entra in funzione non appena scatta l'apnea, garantendo il giusto apporto di ossigeno. È gratuita. Ma prima occorre una diagnosi. Il paziente, per ottenerne una, ha bisogno di un esame particolare, la polisonnografia. La lista d'attesa, nelle strutture pubbliche a Cagliari, è notevole: dieci mesi. L'alternativa è farla a Iglesias, oppure a pagamento, ma sono 200-250 euro, e questa persona non li ha. Si è rivolto al Tribunale del Malato per essere aiutato».
LE AZIENDE Quantificare il fenomeno su basi locali non è facile. Asl 8, azienda mista e azienda Brotzu non hanno dati sottomano: sostengono che le loro prestazioni sono stabili se non (è il caso del Policlinico) in aumento rispetto agli anni scorsi. In più, gran parte dei ricoverati al Brotzu è esente.
Sono altre istituzioni a intercettare il fenomeno: Tribunale del malato e medici di famiglia, appunto.
SOLDI PER TICKET E MEDICINE O l'ambulatorio della Caritas, più precisamente uno «studio medico polispecialistico» dove chi si presenta può ottenere visite di medicina generale, odontoiatriche, pediatriche, ginecologiche. «I nostri pazienti - racconta il responsabile, il ginecologo Gianfranco Marongiu - sono prevalentemente stranieri sprovvisti di tessera sanitaria: extracomunitari, rom, qualche italiano». Sono invece prevalentemente italiani quelli che arrivano per chiedere un aiuto economico: «Capita in media due-tre volte al mese», racconta Marongiu. «Vengono per chiederci i soldi per pagare il ticket per una visita specialistica particolare o medicinali che non vengono forniti dal servizio sanitario nazionale. Noi, nei limiti del possibile, aiutiamo tutti». Qui, però, siamo nell'ambito delle povertà classiche: «In genere non hanno lavoro o l'hanno perso. L'età media è alta. Può capitare il settantenne, ex artigiano, in difficoltà».
CETO MEDIO Sempre più spesso, però, a ritrovarsi in crisi all'emergere di un problema di salute sono tipologie di persone che in passato erano considerate relativamente future. «Il ceto medio impoverito è esposto», riassume Maria Laura Maxia. Ed ecco perché tanti rinviano un esame urgente a tempi migliori o, addirittura, rinunciano a curarsi.
Marco Noce