Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

Andrea Bajani: il dolore dei bambini

Fonte: L'Unione Sarda
15 dicembre 2016

Oggi a Cagliari, domani a Sassari e sabato a Olbia

 

 

 

I l titolo del nuovo libro di Andrea Bajani, “U bene al mondo” (Einaudi,144 pagine. 16,50 €) è tratto da una lettera di Leopardi a Giordani in cui dice: «Questa povera città non è rea d'altro che di non avermi fatto un bene al mondo». Ed è normale che Bajani ricorra a un autore che si pensa triste ma nella cui opera c'è tanta inventiva a cominciare dalle “Operette Morali”, per raccontare sotto forma di favola la storia di un bambino che porta sempre con sé un dolore primigenio come una piccola bestiola che non abbandona mai e che mai l'abbandona.
L'autore torinese sarà questa sera alle 18,45 all'Exma di Cagliari per un incontro organizzato da RadioX, Miele Amaro e Leggendo Metropolitano. Da domani invece girerà per il Festival Éntula: si parte da Sassari (alle 19) a L'ultimo spettacolo, in corso Trinità 161. Sabato alle 18 a Olbia alla Libreria Ubik, in via Galvani 42. Domenica sempre a Olbia, alle 10.30, alla libreria Per filo e per segno, in via De Filippi 30: una mattinata dedicata ai bambini con la presentazione de “La pantera sotto il letto”.
Perché questo improvviso bisogno di semplicità?
«Le cose sono semplici e misteriose. La complessità è una faccenda che ha escogitato il cervello per tentare di venire a capo di quel mistero. Grazie alla complessità ci rendiamo conto di quante cose stanno dentro il mistero. Però ci sono alcune questioni dentro le quali si può andare, credo, soltanto a piedi nudi, senza armi, senza i fumogeni del linguaggio articolato. Il che non significa che sia più facile, anzi forse ci vuole persino più coraggio. Però a oggi è l'unico modo che ho trovato per provare a incamminarmi verso il cuore delle cose. Là non ci sono parole, e questo lo sanno tutti».
Il suo libro è stato definito una favola. Non potrebbe essere invece qualcosa di più profondo, una verifica di ciò che la vita proprio attraverso il dolore ci insegna giorno per giorno?
«Le definizioni, in letteratura, sono sempre dei manici di cui le persone si dotano per maneggiare qualcosa di altrimenti incandescente. La letteratura è, da sempre, il caos primordiale racchiuso dentro il parallelepipedo di un libro. Io credo che lei abbia ragione, che dentro questo libro ci sia qualcosa di originario, in qualche modo, che è il rapporto che ciascuno intrattiene con la propria parte fragile. Poi certo, i protagonisti sono un bambino e il suo dolore, che è una specie di animaletto di compagnia, e una bambina sottile. E dunque è legittimo che qualcuno dica che è una favola, credo».
Il bambino protagonista, proprio perché cosciente di questo non sembra voglia separarsi dal suo dolore; anzi, lo porta al guinzaglio, come un'abitudine. Il dolore è sempre consapevolezza?
«Per il bambino è un alleato, prima di tutto. Laddove per molte persone - per il padre stesso del bambino, ad esempio - il dolore è quasi un nemico, lui scopre invece che è proprio grazie a lui che il mondo diventa più grande. Un dolore chiuso a chiave si incattivisce, un dolore come alleato è una forza: è questo che sente il bambino. Lo vive naturalmente, prima ancora di capirlo razionalmente. Ed è questa, credo, la consapevolezza, anche se noi siamo abituati a darle una connotazione sempre e soltanto razionale».
Il dolore cresce con noi?
«Il dolore c'è, prima di tutto. E corre accanto agli uomini e alle donne, in modo imprevedibili. É questo in fondo che il bambino testimonia. É misterioso, perché è un mistero che nessuno riesce a sciogliere, ma c'è. C'è nei bambini così come c'è negli adulti. È quella puntura di malinconia, di solitudine, che tutti sentiamo, in certi momenti e a cui cerchiamo di dare una ragione, di trovare dei colpevoli. Ma quello di cui si accorge il bambino, di fatto, è che non è niente di catastrofico. O meglio che è catastrofico soltanto fare finta che non esista. È lì, e solo lì, la disfatta. Sarebbe come pretendere che nel cielo non compaiano mai nuvole».
Francesco Mannoni