Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

«La musica è pericolosa» Ma saprà salvarci la vita

Fonte: L'Unione Sarda
13 dicembre 2016

Il personaggio Il premio Oscar Nicola Piovani in Sardegna per una lunga tournée

 

 

 

 

N icola Piovani crede nella salvezza. Ci crede da artista laico, da compositore impegnato nella vita politica e sociale del Paese, ci crede perché vede nella musica un poderoso rimedio all'infelicità umana. Una cura esistenziale.
«Ho visto uomini - bambini, anziani, analfabeti, timidi, aridi, eruditi - trasfigurare all'ascolto di una certa musica, modificare i lineamenti del viso, il respiro. Magari avviene poche volte, a qualcuno una sola volta nella vita. Ma assecondare quella sensazione di trascendenza emotiva e razionale insieme può essere un antidoto all'infelicità, e anche un modo per capire meglio il mondo».
Impegnato in una tounée sarda sotto le insegne del CeDAC - oggi alle 21 al Comunale di Sassari e da domani a domenica (tutti i giorni da mercoledì a sabato alle 20.30 e la domenica alle 19 - giovedì anche la pomeridiana alle 16.30) nel cartellone de “La Grande Prosa” al Teatro Massimo di Cagliari - Piovani, premio Oscar nel 1997 per la colonna sonora del film “La vita è bella”, racconta la sua ultima fatica, “La musica è pericolosa”.
Pericolosa: perché?
«Perché ci fa cambiare, e cambiare spesso è impegnativo, e la pigrizia mentale, insieme al panico, può indurci a non tirare fuori la testa dal guscio, a non voler mai guardare cosa ci può essere oltre le colonne d'Ercole. Non a caso va di moda il cosiddetto “ragionare di pancia”, d'istinto: è un ragionare che non ci smentisce mai, che ci assolve. Se invece usi la testa con lealtà, potresti anche scoprire che avevi torto, che quel che tu pensi è sbagliato. E per prudenza è meglio non cambiare».
La musica regala inaspettati scampoli di divinità: ci racconta quando succede, e in che modo?
«Ci sono certe cose che attengono all'intimità, impalpabili, che dette ad alta voce svaniscono - per citare il Totò di Pasolini, nel film “Cosa sono le nuvole”. Chi ha conosciuto l'euforia, lo stupore, la magia che può darti scoprire un certo quartetto di Beethoven, o un solo di Michel Petrucciani, o un'esecuzione dal vivo della Walkiria; o anche suonare insieme ad altri una musica magari semplice, che induce l'entusiasmo collettivo. Ma di più non posso dire, temo che svanisca, come i sipari fatti con la stoffa dei sogni».
Come sono nate molte delle sue melodie? È vero che prendono ispirazione dalla sua infanzia?
«Sento come un dovere scrivere musica con lealtà: nella vita si può a volte mentire, nelle partiture è meglio di no. E se racconti te stesso con sincerità è difficile che tu prescinda dai ricordi d'infanzia».
Lo spettacolo percorre con parole e suoni alcune tappe della sua vita: quali sono state le più importanti?
«Sono tante, proprio tante. Quando con l'orchestra Aracoeli e con Gigi Proietti abbiamo eseguito in Palestina uno Stabat Mater, che ho composto su testo di Vincenzo Cerami: una sera a Bethlehem e la sera dopo a Tel Aviv. O quando ho diretto un concerto a Johannesburg con l'orchestra sinfonica di Pretoria, sei mesi dopo la fine dell'Apartheid. Ma, ripeto, le tappe sono tante, e sicuramente questa tournée in Sardegna non sarà una tappa trascurabile. Ci credo e ci spero».
Può l'arte vivere senza l'aura, il contesto, il pubblico, il momento storico?
«Certamente può. Ma io preferisco l'arte dal vivo, quella in carne e ossa: come fruitore non scambierei una replica a Cagliari col disco più perfetto immaginabile. L'arte è un po' come l'eros: c'è anche quello virtuale, perché no, ma quello dal vivo è un'altra cosa».
La musica è spesso un pretesto per parlare della vita. Che mondo racconta oggi, Nicola Piovani?
«Un mondo tutt'altro che rassicurante, preoccupante. Spero di sbagliarmi, ma Trump mi fa più paura dell'Isis».
Guido Garau