Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

«Insegniamo ai giovani a progettare futuri diversi»

Fonte: L'Unione Sarda
13 dicembre 2016

Festival Lei Il filosofo Diego Fusaro oggi alle 18 all'Auditorium comunale di Cagliari

 

 

 

P oche parole come la parola libertà generano fraintendimenti. I significati che, di volta in volta, a essa si attribuiscono sono tanti e talvolta così diversi da litigare fra loro. È una parola tiranna, secondo Diego Fusaro, che si sottrae a ogni definizione definitiva. Ospite del Festival Lei per una conferenza su “Il coraggio della libertà: pensare fuori dal coro”, il giovane filosofo torinese chiuderà oggi a Cagliari (Auditorium Comunale, in piazza Dettori, ore 18) la prima edizione della rassegna organizzata dalla Compagnia B e dedicata a esplorare tutti i possibili universi della libertà.
Ci sono tanti modi di intendere la libertà, per lei cos'è?
«Un rapporto tra individui egualmente liberi all'interno di una comunità solidale. La libertà non è una proprietà, ma una relazione tra individui liberi e solidali».
Ovunque nel mondo cresce la disuguaglianza sociale. La libertà è un bene per tutti o un privilegio di pochi?
«La libertà dev'essere una libertà tra uguali altrimenti non è libertà. Oggi siamo soliti legare il suo significato alle dinamiche competitive del mercato libero e globalizzato. In questo modo la libertà di alcuni si regge sulla non libertà di altri, in particolare la libertà diventa la competitività di poter sfruttare illimitatamente gli altri. In realtà, non può esserci libertà senza uguaglianza e non può esserci uguaglianza senza libertà».
Grazie alla rete e ai social network ognuno può dire ciò che pensa in qualunque momento a proposito di qualsiasi cosa. È una conquista o una perdita di libertà?
«In parte è una conquista perché le notizie circolano meglio rispetto a un sistema di controllo capillare come poteva essere quello giornalistico. È anche un'illusione perché la società contemporanea utilizza queste reti per far circolare illimitatamente le notizie ma al tempo stesso le rende tutte irrilevanti. La conseguenza è che abbiamo troppe notizie, ma non sappiamo orientarci e selezionarle».
Dei giovani si dice che non hanno la capacità di immaginare un mondo migliore. Una generazione che non sa sognare il proprio futuro può sapere che cosa sia la libertà?
«Le nuove generazioni, in particolare quelle nate dopo il 1989, che io chiamo a “capitalismo integrale”, sono avvezze a pensare che questo sia il solo e anche il migliore dei mondi possibili. Io invece, credo che occorra insegnare ai giovani la passione della possibilità di essere altrimenti, di progettare futuri diversi e migliori».
Che cosa penserebbe Antonio Gramsci, autore da lei molto amato, dei giovani di oggi?
«Vedrebbe riconfermata la sua tesi circa l'indifferenza come peso morto della storia perché i giovani oggi sono in larga parte indifferenti. Sono loro a scontare nella loro carne viva le contraddizioni della società odierna, che li usa come materiale umano su cui sperimentare le nuove forme del capitalismo flessibile e ultraliberista. I giovani patiscono queste contraddizioni e non sono in grado di contrastarle e opporvisi».
Che cosa può dire l'intellettuale sardo ai più giovani?
«I giovani devono avvicinarsi assolutamente ai suoi testi. Da Gramsci c'è sempre da imparare. È un maestro di “spirito di scissione” come dice lui, di capacità di opporsi alle logiche dominanti».
Esiste un valore più alto della libertà in nome del quale si possa sacrificare la stessa libertà?
«Io credo di no. Il fatto stesso che tutti usino il concetto di libertà per legittimare pratiche che non sono espressione di libertà indica che c'è un consenso universale sul fatto che la libertà sia il valore più alto. Anche quelli che vorrebbero negarla ne subiscono il fascino».
Franca Rita Porcu