Rassegna Stampa

web Vistanet Cagliari

Dopo quasi 40 giorni di navigazione Gaetano Mura è entrato nell’Oceano Indiano:

Fonte: web Vistanet Cagliari
6 dicembre 2016

Dopo quasi 40 giorni di navigazione Gaetano Mura è entrato nell’Oceano Indiano: il navigatore di Dorgali ha superato il Capo di Buona Speranza


Dopo quasi 40 giorni di navigazione Gaetano Mura è entrato nell’Oceano Indiano. Il navigatore di Dorgali sul Class40 Italia ha superato il Capo di Buona Speranza. Prosegue a tappe serrate il tentativo di record intorno al mondo a vela dello skipper originario di Cala Gonone. Vento forte, mare durissimo, Mura ha superato il primo degli oceani, quello Atlantico, per poi stappare una bottiglia di vino sardo, regalatogli da un suo vicino di casa, da dedicare a questo primo pezzo di impresa.

Nell’area di navigazione di Gaetano Mura ci sono almeno altri due skipper impegnati nel Vendée Globe, la regata intorno al mondo in solitario, con barche ben più lunghe di Italia (18 metri contro 12). Tra questi anche il giapponese Kojiro Shiraishi, con il suo Spirit of Yukoh, che ha rotto l’albero e sta cercando di raggiungere Città del Capo.

 

Dal suo diario di bordo, ecco il racconto del 4 dicembre, giorno in cui Gaetano è entrato nell’Oceano Indiano:

“Eccoci qua, dopo due giorni intensi e faticosi riesco, seppure in modo acrobatico, a prendere in mano la tastiera del PC. I 40 ruggenti, in questo fine settimana, direi che sono stati fedeli alla loro reputazione. Ma non ci siamo fatti trovare impreparati all’ arrivo di questa depressione. Quando è arrivata sia io che Italia avevamo già la visiera dell’elmo calata sul viso e lo scudo nella mano. Il vento ha rinforzato subito con un’onda all’inizio maneggevole, poi ha cominciato a gonfiarsi spinta da 40 nodi di vento fissi, con raffiche a 45. Abbiamo stretto i denti avanzando con 2 mani alla randa (porzioni di riduzione della tela) e solent a prua, in attesa del passaggio del fronte associato alla depressione.

 

Il fronte molto attivo e veloce è arrivato violento con groppi che scrosciavano acqua a secchiate e rinforzi sino a 55 nodi. Abbiamo preso la terza mano alla randa e cambiata la vela di prua con la trinca. Questa ulteriore riduzione non impediva ad Italia di sorpassare 22/23 nodi in discesa dai muri d’acqua. L’attività del fronte è durata quasi tre ore e al cambio di vento, come di consueto, si deve strambare, ma il vento non scendeva sotto i 40 e strambare in queste condizioni è seriamente rischioso. Abbiamo esitato, ma la nuova prua non consentiva di continuare oltre, inoltre l’onda di fianco ci prendeva e ci sdraiava pericolosamente ad ogni impatto.

 

Sono andato dabbasso, ho incominciato a spostare i pesi, ho scaricato il ballast (serbatoio di zavorra liquida), sono tornato in coperta, sul ponte sopravvento a slegare i due sacchi di vele che erano lì per fare raddrizzamento. Sotto cascate di onde che frangevano in coperta per la velocità sono tornato in pozzetto, ho preso la volante e il cuore tra le mani e in velocità giù da un’onda ho strambato. Indenne, grazie al cielo, ma la volante sottovento è rimasta sopravvento alla randa, cosa che ho sistemato stamane all’alba.

Appena sulle nuove mura, con le onde enormi sull’asse, Italia ha cominciato ad accelerare follemente saltando in fondo all’onda come quando si lancia una pietra piatta in mare per farla rimbalzare. Botte da orbi in un concerto di rumori e scricchiolii di ogni genere. La chiglia e i timoni fischiano ad alti decibel. La notte è passata così. Stamattina, prima dell’alba, vedo all’AIS l’Imoca 60 del Vendée Globe Nàndor Fa a 17 miglia da noi. Il vento è calato a trenta nodi, l’onda pare il doppio del giorno prima perché arriva una corrente calda sino a 3 nodi dal Canale di Mozambico che è di traverso alla direzione dell’onda. Ci sono altri Imoca vicinissimi a me, il più vicino è Kojiro Shiraishi, lo skipper giapponese di Spirit of Yukoh che, apprendo stamattina con grande dispiacere, ha disalberato nella notte e cerca di fare rotta verso Cape Town (Città del Capo) e anche altre barche hanno subito avarie.

Al momento il vento è calato ulteriormente e Italia avanza come può, malmenati da un’onda totalmente disordinata che arriva da ogni direzione. Sono un po’ stanco e patisco per Italia che incassa seriamente da ore e ore. Ma mi è venuta l’ ispirazione, sono sceso dabbasso, ho steso sul fondo della pentola alcuni strati di pane carasau e ci ho tagliato sopra alcune fette di formaggio, ho acceso la fiamma, l’ho fatto un po’ abbrustolire e ci ho versato sopre dell’ottimo miele. Bisogna pur consolarsi.

Con gli sportelli che devono stare chiusi, per evitare che arrivi dentro un’onda che di tanto in tanto viene a farci visita da vicino, l’interno della cabina sembra un autogrill con quell’odore di formaggio abbrustolito sulle piastre per scaldare i panini, ma il palato è felice e ringrazia.

Siamo a poco più di 80 miglia dal grande Capo di Buona Speranza che dovremmo passare stanotte. Un altra tappa importante di questo lungo viaggio.