Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

Renzi: soldi veri per la Sardegna

Fonte: L'Unione Sarda
18 novembre 2016

 

 

 

Partiamo, presidente Renzi, dall'ultimo “Patto”, quello per Cagliari. Una firma che vale 168 milioni. Soldi veri o virtuali?
«Veri, veri. Non sono soldi falsi o del Mònopoli. Soldi veri che finalmente vengono liberati».
Per fare cosa?
«Progetti concreti per la città metropolitana, dall'edilizia scolastica all'attrazione turistica, affidati al sindaco Zedda e alle altre autorità del territorio».
Da spendere come?
«Con un metodo nuovo. I soldi europei prima ognuno li spendeva come gli pareva. Uno li perdeva, venivano accantonati. Il meccanismo è che lo Stato controlla il Comune, il Comune controlla lo Stato e i cittadini controllano entrambi. E sono soldi che vanno aggiunti a quelli che già avevamo stanziato qualche mese fa per la Regione Sardegna, con la firma a Sassari del presidente Pigliaru».
Anche quelli soldi veri?
«Soldi stra-ve-ri. Ma poi abbiamo messo altri denari, credo importanti, per le città metropolitane, sulle periferie. Sono passati i tempi dell'austerity, dei tecnici, del Governo Monti. Noi diciamo: determinati progetti possono andare avanti. E faccio un appello a tutti i sindaci della Sardegna: quello che serve per l'edilizia scolastica, anche ciò che non è nei patti firmati sino ad oggi, noi lo considereremo al di fuori del patto di stabilità».
Alzare la voce in Europa è servito. Bruxelles ha accolto una parte delle richieste di Roma. Ma l'Italia, per la prima volta, si è astenuta sul bilancio.
«I bilanci sono due. Uno dura sei anni ed è quello approvato da Mario Monti: noi, tutti gli anni, dobbiamo mettere 20 miliardi e ne riceviamo solo 12 indietro. Io ho detto: va bene, possiamo essere anche soggetti contributori. Ma allora l'Europa non fa quello che sta facendo sull'immigrazione, lascia sola l'Italia e tira su i muri nei Paesi orientali. Continuiamo con la politica dell'austerity, che si occupa dei decimali, delle banche, delle realtà finanziarie, ma non affrontiamo le questioni reali: la disoccupazione, l'Europa sociale».
La sua proposta qual è?
«Se l'Europa vuole cambiare rotta io credo che la strada non sia quella di Salvini che urla “no, no!” - ha sempre da ridire - o quella di Mario Monti che dice “ce lo chiede l'Europa, dobbiamo fare quello che dicono loro”. C'è una terza via: proposte, progetti, cercare di cambiare. Se loro non cambiano, da qui al prossimo bilancio - la discussione inizierà a febbraio - noi metteremo il veto».
L'altra sera a Pula era a cena con il presidente cinese. Una nuova via della seta, magari al contrario?
«La nuova via della seta vuol dire tante cose. Scambi commerciali, economici, innovazione tecnologica, turismo. Agroalimentare».
Avete mangiato bene al “Forte Village”?
«Bene! E abbiamo fatto mangiare al presidente cinese specialità sarde. Certo, per primo c'erano paccheri di Gragnano…».
Comunque Made in Italy in tavola e non Made in China.
«Su questo non apriamo nemmeno la discussione… L'agroalimentare ha un enorme potenziale. Quando, nell'ultimo G20, ho incontrato Xi Jinping, ho visto anche il fondatore di Alibaba, il più importante portale di e-commerce cinese, uno dei principali al mondo. Poco dopo Alibaba ha fatto la settimana mondiale del vino: 100 milioni di cinesi hanno comprato una bottiglia, 51 milioni per la prima volta. Pensate al Cannonau e a tutto l'agroalimentare. O alla nostra capacità di attrazione turistica. Per gli investimenti nella pastorizia, nei trasporti, nei porti. Spazi infiniti, purché l'Italia smetta di lamentarsi e basta. Vedrà quanto ritorno avrà la Sardegna dalla visita di Xi Jinping».
Pigliaru ha parlato di uno spot straordinario.
«E ha ragione. Pensate solo alle tv cinesi, che hanno una diffusione pazzesca».
L'embargo di Putin, in due anni, intanto, è costato 7,5 miliardi all'agroalimentare italiano.
«Tema affrontato a più riprese. Mosca deve rispettare la sovranità dell'Ucraina e gli accordi di Minsk e, dall'altra parte, è necessario che a Bruxelles chi pensa che si possa fare la riedizione della Guerra Fredda si tolga dalla testa strane idee».
Lei tifava per Hillary. Ha vinto Trump, meglio tenerselo buono.
«Io sono straordinariamente ammirato dalla presidenza di Barack Obama. E non è che siccome i democratici hanno perso, adesso cambio idea. È come se io venissi qui a dire che sono contro la Fiorentina. Siamo pazzi! Io credo che Obama sia stato un grandissimo presidente. La sanità, Cuba. Ma dal momento che gli americani hanno votato e scelto Trump, faremo i conti con lui e continueremo a lavorare come è normale tra Italia e Stati Uniti».
A proposito di Fiorentina e di cinesi. E se comprassero anche i viola?
«La Fiorentina è di proprietà di Diego Della Valle, che sta facendo bene. Però capisco che a Cagliari è meglio non parlare di Fiorentina dopo che abbiamo visto sbloccarsi Kalinic e Bernardeschi. Lo so, perdo voti, mi fermo».
Sta riaprendo ferite...
«Però il Cagliari è un'ottima squadra. E quella è stata una bella partita».
Berlusconi l'ha definita l'unico leader in campo, esclusi quelli estromessi.
«Berlusconi vota no al referendum e lui stesso non riesce a spiegarselo. Questa riforma viene raccontata in modo troppo legato alla politica».
Ma lei ci ha messo del suo.
«Sì, per carità, è anche responsabilità mia. Però questa riforma non riguarda la simpatia o meno del presidente del Consiglio. È una riforma che non ripassa. Chi voterà no, magari convinto di fare un dispetto al Governo, taglierà un'occasione storica per ridurre il numero dei parlamentari, semplificare il sistema con cui si fanno le leggi, eliminare il ping pong tra Camera e Senato, evitare che siano due Camere a dare la fiducia, eliminare i rimborsi ai gruppi regionali e ai gruppi parlamentari. Perché poi ai Cinque Stelle, quando elimini i soldi al gruppo al Senato, tagli due milioni e mezzo di euro all'anno. E quindi cosa fanno? Votano no. E allora, ci stanno facendo un tranello. È un voto secco. Volete ridurre il numero dei parlamentari? Se la gente vota no non lo faremo mai più».
Rilancio, Renzi e referendum passano ancora come una cosa sola.
«Io avverto la responsabilità di slegare le vicende del Governo dal referendum. Perché chi vota Cinque Stelle o Forza Italia possa votare sì e poi dire “Renzi lo mando a casa alle elezioni”. E aggiungo che non è vero che la Sardegna perde l'autonomia. La specialità sarda non si tocca. Chi dice di no non sta difendendo l'autonomia della Sardegna, ma le poltrone del Cnel, i privilegi dei senatori e dei consiglieri regionali».
I suoi principali nemici politici sono Grillo e i Cinque Stelle? O sono a casa sua?
«Io non ho nemici. E a differenza di quelli del no, non faccio politica contro qualcuno. Faccio proposte. Che possono piacere o meno. Nessuno può negare che stiamo cercando di cambiare le cose e abbiamo delle idee. Il fronte del no chi tiene insieme? Monti e Salvini. Berlusconi e Magistratura Democratica. Vendola e La Russa. D'Alema e Grillo. Stanno insieme solo per dire no a me. Spero che i cittadini sappiano riconoscere la proposta e poi, quando vanno nel merito, votino liberi. Poi se vogliono mandarmi a casa, lo facciano tranquillamente».
Quando tornerà in Sardegna, con altri soldi veri?
«Eh, i soldi sono finiti! Pensiamo a spendere bene quelli che ci sono. Ora verremo volentieri in vacanza o a vedere qualche nuova realtà».