Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

L'oro che arriva dal mare, il giro milionario dei ricci

Fonte: L'Unione Sarda
3 novembre 2016

Gli operatori: serve più selezione, le acque sarde rischiano di svuotarsi

 

 

 


«Se consideriamo il lavoro che c'è dietro e le difficoltà nel trovarli, dovrebbero costare quanto il caviale», sospira Stefano Melis, appena uscito dal mare di Arborea con cinque sacchi di ricci. Il bottino del giorno. Attorno a questo oro giallo e rosso, contenuto nei paracentrotus lividus , sempre più rari nelle acque della Sardegna, gravita un giro d'affari ufficiale di oltre 1,6 milioni di euro a stagione. Ma per avvicinarsi ai numeri veri, gonfiati dal mercato parallelo abusivo, bisogna almeno raddoppiare le cifre.
I NUMERI Rispetto al passato, è già tanto avere una stima dell'anno 2015: circa 5 milioni di ricci dichiarati dai pescatori regolari alla Regione, che attraverso l'assessorato all'Agricoltura cerca di tenere sotto controllo un settore dove il sommerso è sempre stato dominante. Il dato reale è sicuramente più alto, perché solo il 60 per cento dei pescatori ha presentato i giornali di bordo.
I “regolari”, quelli a cui ogni anno viene rinnovata la licenza, sono 189. «Gli abusivi sono almeno il doppio. Circa 400, ma forse si tratta di una stima per difetto. Il mare è diventato un bancomat per disperati: chi ha problemi ad arrivare alla fine del mese va in mare e preleva», dice Mauro Manca, rappresentante di Coldiretti Impresa pesca. Negli ultimi anni però la banca - cioè il mare - è sempre più a corto di liquidità. Anche a causa del mercato abusivo, che non rispetta le regole e i tetti massimi di pesca (1.500 ricci al giorno per ogni pescatore) impoverendo il mare sardo: «C'è una scarsa legalità nel settore e purtroppo tutto questo è alimentato dai ristoratori, che spesso si rivolgono ai canali paralleli. Il risultato non è solo la diminuzione delle risorse a disposizione. Così il mercato viene falsato dai prezzi degli abusivi, più bassi perché non pagano tasse né hanno costi fissi, a differenza dei pescatori regolari», spiega Manca.
I PREZZI Nei centri di lavorazione sparsi per la Sardegna, un chilo di polpa viene venduto a 120 euro e per ricavarlo servono circa 360 ricci. Nei chioschi e nei banchetti lungo le strade, una dozzina può costare dai 4 ai 6 euro. Tra i 30 e i 50 centesimi ognuno. Prezzi più bassi rispetto a quelli del resto d'Italia. «In Puglia ogni riccio viene venduto a 70 centesimi», fa notare Stefano Melis, 42 anni, figlio d'arte («ho seguito le orme di mio nonno e mio padre»), diventato pescatore dopo aver abbandonato gli studi in Scienze politiche a Cagliari. «Dovremmo avere il coraggio di alzare i prezzi. Ma purtroppo siamo penalizzati dai tanti abusivi, che abbassano le quotazioni. I ricci si pescano sempre più in profondità. Per salvare il nostro settore dovremmo fare due cose: pescarne in quantità minore e farli pagare un po' di più. Chi li apprezza sa quanto valgono. Ormai sono introvabili: in Irlanda e Francia sono spariti, in Spagna ne sono rimasti pochissimi. Le riserve maggiori sono nei mari africani, soprattutto in Marocco, ma non sono buoni quanto i nostri», racconta Melis.
I CONTROLLI La novità rispetto al 2015 è che la stagione di pesca appena iniziata sarà più lunga di circa 20 giorni e andrà avanti fino al 30 aprile. Per essere venduti, i ricci dovranno passare dai centri autorizzati - una disciplina simile a quella seguita per cozze e vongole - per arrivare poi nei mercati regolari. E i controlli? «Andrebbero rafforzati», sostiene Mauro Manca, «soprattutto nel mondo della ristorazione. Servirebbe un percorso simile a quello utilizzato per i datteri di mare: erano sempre meno e sono stati salvati grazie alle multe».
Michele Ruffi