Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

«Quel no travolge anche Cagliari» Giovanni Malagò in Sardegna: persa una vetrina straordinaria

Fonte: L'Unione Sarda
26 settembre 2016

Il presidente del Coni sulla scelta del Campidoglio di rinunciare alla candidatura olimpica 

«Se c'è una città che, insieme a Roma, paga più di tutte il “no” ad andare avanti con la candidatura per le Olimpiadi 2024», rifiuto espresso mercoledì scorso dalla sindaca della Capitale Virginia Raggi, «quella città è sicuramente Cagliari», dice Giovanni Malagò. Il presidente del Coni è arrivato ieri in Sardegna per partecipare alla giornata inaugurale del Trofeo Coni, la mini-Olimpiade riservata ai ragazzi under 14, e per guidare la Giunta nazionale del Coni convocata nell'Isola.
LA DELUSIONE Le parole del numero uno dello sport italiano alimentano, se possibile, il rammarico di una città e di un'Isola che avevano appena cominciato a cullare il sogno di ospitare una manifestazione olimpica: il capoluogo isolano, infatti, era «dopo Roma, la città maggiormente coinvolta nel dossier olimpico. Conosco bene Cagliari e la Sardegna, mi dispiace particolarmente adesso che non avranno più questa straordinaria occasione», afferma Malagò. Proprio Cagliari, aggiunge «rappresentava uno dei punti di forza della nostra candidatura perché rispetto agli altri competitor», vedi Marsiglia (per Parigi), Los Angeles e Budapest, le altre città candidate con Roma, «il capoluogo isolano è l'unico luogo del Mediterraneo che, nel mese di agosto, presenta il più basso indice di rischio sullo svolgimento delle competizioni veliche, sia in condizione di poco vento, sia in condizioni di forte vento». Insomma, il rammarico è grande. Anche perché, «con le Olimpiadi avremmo avuto la possibilità di riqualificare alcune strutture presenti a Cagliari, come il lungomare o il porto, e avremmo creato un'eredità post-olimpiadi da lasciare alla città».
LE POLEMICHE A chi gli obietta che organizzare un'Olimpiade rischia di essere un'operazione antieconomica e che anche Cagliari in passato ha già pagato il conto con gli “sprechi” (il riferimento è per il Pallone allo stadio Sant'Elia, realizzato per ospitare il centro stampa durante i Mondiali di calcio del 1990 e rimasto inutilizzato per molti anni, prima di diventare sede di un'associazione sportiva di pugilato), Malagò risponde che «le situazioni pregresse, frutto magari di scelte sbagliate, non le conosco, quindi non posso pronunciarmi. Ma il nostro dossier olimpico prevedeva di non gettare, soprattutto a Cagliari, neanche un centimetro di nuova cementificazione. L'unica ipotesi che avevamo contemplato grazie all'Agenda 2020», il nuovo regolamento del Cio che stabilisce che le candidature olimpiche non possono più poggiare sulla costruzione di opere inutili, «era il recupero di strutture già esistenti».
OCCASIONE PERSA Un peccato, ripetono tutti da giorni, soprattutto perché «ormai mi sembra improbabile che, dopo il no per Roma 2020 e quello di oggi, potremo avere un'altra chance olimpica nei prossimi vent'anni», dice Malagò. A questo punto, il capitolo Olimpiadi sembra, quindi, chiudersi definitivamente. Non regge più neppure la flebile possibilità di agganciare la candidatura a un referendum («È troppo tardi», dice Malagò) né a un ipotetico piano B, ovvero la nomina di un commissario da parte del Governo. Riaffermando che «il no a Roma 2024 è stata una decisione ingiusta e sbagliata», osserva il presidente del Coni, «quella scelta, comunque, la rispetteremo. Perché», dice, «il dossier olimpico è come un tavolo con tre gambe», Coni, Governo e Comune della città ospitante, «se viene a mancare una gamba, la candidatura perde forza. Accettiamo, quindi, questa decisione, ben sapendo che perdiamo credibilità internazionale».
NESSUN RISARCIMENTO Non ci sarà, allora, neanche un'azione del Coni contro il Comune di Roma per danno erariale. «Noi non facciamo assolutamente nulla», afferma Malagò, «ma siamo un ente pubblico, per cui se qualcuno dovesse sollevare il problema per capire perché abbiamo speso dei soldi e poi ci siamo fermati, solo a quel punto, allora, gireremmo la responsabilità a chi ha la competenza».
Mauro Madeddu