Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

Poetto, pizzichi di nostalgia

Fonte: L'Unione Sarda
11 luglio 2016

 

 

 

Lello Caravano

L e trincee della nostalgia custodiscono un tesoretto bianco e soffice. Modesti mucchietti sparsi qua e là ma anche piccole dune quasi candide che sembrano sbarrare la strada alla sabbia grigia del ripascimento, anno di disgrazia 2002, che ha cambiato volto al Poetto. Ma allora qualcosa è rimasto di quel gioiello, vanto (e orgoglio) dei cagliaritani: i granelli immacolati, impalpabili come borotalco, non sono scomparsi del tutto. Sono finiti ai margini, relegati ai confini della grande spiaggia, quasi sul bordo del nuovo lungomare di tre chilometri e mezzo dove si passeggia, si corre, si pedala. Qualcuno passa e li tocca, altri affondano i piedi per ritrovare una sensazione quasi dimenticata: la leggerezza, la morbidezza di quella polverina finissima che formava spettacolari dune e che in gran parte scomparve in pochi mesi nella primavera del 1986, quando furono abbattuti i 1200 casotti superstiti (poi il ripascimento completò l'opera): i sedimenti formatisi in milioni di anni finirono in mare, sulla litoranea, a Molentargius o lungo il litorale quartese, in particolare al Margine rosso.
IL POETTO BIANCO Quei sedimenti tornano in superficie tra le gabbie di canne costruite per fermare la dispersione della sabbia (ma non ci si poteva pensare trent'anni fa?), vicino alle passerelle in legno, via di accesso alla spiaggia, spesso ignorate dai furbetti che vogliono a tutti i costi risparmiare qualche passo in più. Riemergono dalla memoria quasi a ricordarci com'era bianco il Poetto di non molti anni fa, pur ferito dall'erosione e in totale abbandono, con le auto in sosta sulla sabbia: non era una spiaggia, era un caos. Impressiona il contrasto con il grigiore che toglie luce e colore al litorale dei centomila. In alcuni punti prevale il sale e pepe, in altri ricompare proprio la sabbia di un tempo, candida e fine. Un cimelio. Viene quasi voglia di rubarne un po', di raccogliere una manciata di granelli prima che spariscano per sempre anche questi. Ma è meglio lasciarli lì, tra le gabbie di canne raccolte a Elmas e Quartu, fissate con i pali di castagno arrivati dalla Toscana, nelle trincee con i grandi salsicciotti in fibra di cocco made in Germany, di fronte all'Ospedale marino, intorno ai baretti che si susseguono l'uno dietro l'altro fino al capolinea dei bus, poco prima dell'Ottagono. Il tesoretto è soprattutto lì.
PICCOLE DUNE Ma piccole dune crescono anche vicino alla quarta fermata: e anche lì si torna indietro nel tempo, ricompare la sabbia bianca. D'altronde quando alcuni anni fa furono smantellati i chioschi, la sorpresa fu grande nel vedere sotto il vuoto lasciato dai baretti quel candore dimenticato, sopravvissuto al ripascimento di 14 anni fa, a quei 370 mila metri cubi sparsi senza criterio in quindici giorni da Marina piccola fino al rudere del vecchio ospedale. In 384 ore fu sotterrata la lingua di sabbia che si era costituita, nella forma che conosciamo oggi, circa 6500 anni fa, quando una modesta pulsazione climatica portò il livello del mare qualche decina di centimetri sopra quello attuale.
GLI SCAVI Ma com'è ricomparsa la sabbia bianca? C'è sempre stata, mimetizzata negli angoli più nascosti e protetta da quella vegetazione forse non bella a vedersi ma fondamentale per evitare la dispersione dell'arena. Una parte è stata invece recuperata nel corso dei lavori per il nuovo lungomare, completati in questi giorni. In particolare negli scavi dove oggi c'è l'aiola con il prato verde, sul lato opposto della spiaggia. «Quando abbiamo scavato per realizzare le trincee drenanti per il recupero dell'acqua piovana siamo arrivati a circa 80 centimetri di profondità, e lì abbiamo trovato la vecchia sabbia bianca del Poetto», dice l'ingegnere Ignazio Cogoni, direttore tecnico dell'impresa Porcu, che con Andreoni si è aggiudicata i lavori da dieci milioni di euro. «Non abbiamo potuto riutilizzare quella vicino alle case, era troppo sporca. La più bella in assoluto l'abbiamo recuperata negli scavi vicino allo stabilimento dell'Aeronautica e all'Ippodromo, sul lato dei giardinetti: fine e bianca come la conoscevamo».
GABBIE DI CANNE In totale 2500 metri cubi di granelli quasi candidi, conservati e poi, dopo le analisi, sistemati nelle dune a ridosso della passeggiata. «Una sabbia preziosa, da centellinare», aggiunge Cogoni. Quasi da conservare in una teca a perenne ricordo. Si tratta di quei sedimenti leggeri destinati a scomparire se non vengono imprigionati e trattenuti, nelle gabbie in canne sistemate tra i baretti o nella vegetazione ricomparsa sulla spiaggia, graminacee, giunchi e soprattutto l'eringio marittimo, detto calcatreppola, una specie di cardo spinoso con le foglie grigio-verdi e tonalità azzurrine (un vero salvasabbia, grazie alle sue radici molto estese). Di fronte all'Ospedale marino sono ricomparse persino le canne. Di tanto in tanto compaiono dune che si sono salvate da sole, anche in questo caso grazie alla vecchia vegetazione, giunchi soprattutto, sopravvissuti al tempo e a quello che nel 2002 fu chiamato nientemeno che “il piano di rinascita” del Poetto. I “geni” del ripascimento ci assicurarono che la sabbia grigia sarebbe diventata bianca in tre mesi, un assessore azzardò di essere pronto a ricevere una bastonata in testa se non fosse tornata candida. Si sa come è andata.
L'IPPODROMO La verità è che quei sedimenti regalati dalla natura alla città sono duri a morire. Ce ne sono altri? Ci sono tesoretti nascosti da qualche parte che potrebbero essere recuperati? «Certamente la sabbia originaria si trova a Molentargius, nelle saline, soprattutto all'ippodromo, se scavassimo lì troveremmo la bella arena del Poetto di un tempo», osserva l'ingegnere Cogoni. Verrebbe voglia di andarlo a cercare, questo tesoretto. È un'idea che fa sognare. Per ora bisogna accontentarsi di un tour della nostalgia, quasi un pellegrinaggio, tra ripari di canne, salsicciotti in cocco, passerelle, baretti e servizi igienici, calcatreppole e giunchi. Sulle tracce di una sabbia che faceva del Poetto una delle più belle spiagge del Mediterraneo.