Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

«Farò il sindaco metropolitano»

Fonte: L'Unione Sarda
8 giugno 2016

 

di Paolo Paolini

«Posso sempre candidarmi tra cinque anni a sindaco metropolitano...»
Massimo Zedda ha appena (ri)conquistato il Municipio e la notorietà nazionale. Nel centrosinistra che arranca è considerato un vincente, candidato potenziale a tutto: dalla presidenza della Regione nel dopo Pigliaru ai vertici del Partito democratico (ha la tessera di Sel), inserito due anni fa dal premier Renzi in un'ipotetica squadra ministeriale. «Amo la mia città, voglio vivere e lavorare qui».
Se questo è il problema, i suoi sponsor le risponderanno che la sede della Regione dista solo qualche centinaio di metri dal Municipio.
«Non subisco il fascino del potere. E poi, in teoria, tra cinque anni potrei ricandidarmi come sindaco metropolitano. Comunque mi fa piacere che alcuni mi indichino per cariche importanti, nonostante adori il ruolo che ho».
Quarant'anni, votato a furor di popolo: non teme - errore mortale per un politico - di sopravvalutarsi?
«Sì, per questa ragione tengo i piedi ben piantati per terra».
Perché lo spoglio elettorale è stato così lento?
«Le urne sono state chiuse a tarda sera. C'era la doppia preferenza di genere che di sicuro non ha semplificato il lavoro degli scrutatori. Alcune sezioni hanno impiegato molto più tempo del previsto, questo è vero».
In campagna elettorale ha detto no alla visita del premier?
«Non è vero».
Com'è andata?
«Renzi ha caratterizzato i suoi viaggi nelle città con la presentazione dei risultati ottenuti. Per la Sardegna c'erano ancora dei problemi da risolvere - piano Sulcis, continuità territoriale, piano del Sud - e per questo lui ha deciso di rinviare il viaggio. Sarebbe venuto di sicuro per il ballottaggio, ma non è stato necessario».
Dicono che lei non abbia voluto neppure il ministro Boschi.
«È falso. Aveva problemi istituzionali che non le consentivano di trattenersi in Sardegna».
Il nord Sardegna protesta per l'abbandono di Ryanair, lei che cosa fa?
«Ho parlato con i vertici della compagnia aerea, Cagliari è pronta a fare la sua parte. Stiamo verificando anche la possibilità di acquisire una quota simbolica della Sogaer».
Come voterà al referendum?
«Non ho ancora letto con attenzione il testo della riforma».
Collaborerà con Piergiorgio Massidda?
«L'ho sempre fatto con tutti quelli che hanno dato un contributo per la città».
I nuovi nomi della Giunta?
«Adesso ci ragioneremo».
Cambieranno tutti gli assessori?
«Li ringrazio per quello che hanno fatto fino ad oggi. Alcuni di loro non hanno più intenzione di rovinarsi la vita privata con gli impegni pubblici. Tutti i familiari degli esponenti della Giunta hanno votato contro di me per riavere vicino i loro cari. E in un certo senso li capisco».
Francesca Ghirra, bandiera di Sel e consigliera più votata, ha detto che le piacerebbe fare l'assessore all'Urbanistica o la presidente del Consiglio.
«Farebbe bene tutto, come tanti altri».
Pentito di aver imbarcato i sardisti?
«E perché mai dovrei esserlo»?
L'hanno criticata per aver consentito ad alcuni del centrodestra di usare il Psd'az come porta girevole per entrare nel centrosinistra.
«C'è stata una condivisione dei progetti per la città, un'idea comune attorno alla quale ci siamo trovati. E forse qualcuno dimentica che il Partito sardo d'azione ha una lunga tradizione a sinistra, non avrebbe avuto alcun senso bocciare l'alleanza».
Dopo il voto sono ripartite le indiscrezioni sul suo imminente passaggio al Pd.
«Si può stare insieme senza essere la stessa cosa. Abbiamo avuto ottimi risultati, i numeri parlano chiaro, tra le liste soprattutto quelle di Pd e Sel sono andate benissimo».
Errori che non rifarebbe.
«Sul versante personale alcuni amici mi hanno detto che ho sbagliato tutto. Al momento della candidatura avevo 35 anni e potevo divertirmi molto di più, come tanti miei coetanei. Dal punto di vista politico non mi sono mai pentito di aver lasciato il Consiglio regionale, neppure di essermi dimesso prima di maturare il vitalizio».
Un errore nell'amministrazione della città?
«Boh, se l'ho commesso ormai è fatto».
Il Teatro lirico le è costato due inchieste: rifarebbe tutto?
«Molto di più».
Cioè?
«A suo tempo avrei dovuto mostrare i bilanci ai cittadini spiegando come e perché era stato creato quel buco enorme nei conti. Ho preferito lavorare per risanarli. Mi hanno insultato anche alcuni lavoratori cui ho salvato il posto. Mi è dispiaciuto, però sono andato avanti».