CAGLIARI. Una dormita e poi si ricomincia. Da consigliere comunale. «Un onore - dice Piergiorgio Massidda - non ho intenzione di rinunciare a fare il consigliere, la mia lunga esperienza di...
di Alessandra Sallemi
CAGLIARI. Una dormita e poi si ricomincia. Da consigliere comunale. «Un onore - dice Piergiorgio Massidda - non ho intenzione di rinunciare a fare il consigliere, la mia lunga esperienza di parlamentare sarà utile, voglio lavorare per cambiare Cagliari. Non c’è un finanziamento che arrivi dall’Unione europea, tutto dalla Regione. Io avevo pronto un appuntamento con i manager di Ryanair, e con quello di Google. C’è la possibilità di lavorare per il bene di Cagliari». Si ferma, Massidda. Non è più in campagna elettorale, è stanco, con poche ore di sonno in 36 ore non potrebbe essere altrimenti, ma ha voglia di raccontare quel che avrebbe fatto perché sostiene di non aver avuto grandi spazi per esprimersi: «Del programma non siamo riusciti a parlare, se non sui post di internet. Io speravo nel ballottaggio perché finalmente i dibattiti ci sarebbero stati e avremmo potuto raccontare quel che volevamo fare per Cagliari. A noi non è stato consentito di parlare per più di un minuto e poi, quando c’era l’occasione di un dibattito vero, il sindaco non si presentava. La gente il nostro programma non l’ha conosciuto».
Zedda dichiara che era già sicuro di vincere: «I sondaggi dicevano il contrario – commenta Massidda –. Lui si è dato la strategia di annunciare che aveva già vinto. Il nostro obbiettivo era superare il 30 per cento (ottenuto il 32,26), si pensava che i 5 Stelle sarebbero stati nel trend di crescita nazionale e che gli altri candidati avrebbero avuto almeno un 3 per cento... la mia strategia puntava ad arrivare ad avere un confronto vero con Zedda, al ballottaggio questo sarebbe stato possibile». Nell’analisi di Massidda «per Zedda, invece, è stato un bene evitare il ballottaggio perché si sarebbe ritrovato con più di una spina nel fianco. Le scelte fatte adesso lo obbligheranno a fare un certo tipo di giunta». Accetta di essere più esplicito: «Devono sistemare i rapporti con il Psd’Az cui devono tanto, l’elezione di Zedda è frutto dello spostamento dei sardisti che prima, ricordate la giunta di Emilio Floris, stavano col centrodestra». Le ragioni della sconfitta, secondo Massidda, sono anche altre: «Noi contavamo che con l’alto numero di candidati, ci fosse un’alta affluenza: la bassa affluenza ha fatto saltare la macchina elettorale».
L’affluenza inferiore alle aspettative secondo l’ex senatore (e non solo secondo lui) è stata favorita dalla data delle votazioni. Si è scelta una domenica che concludeva un ponte quasi unico nel calendario del 2016: «Quando Roma, con un ponte così lungo, non aggiunge il lunedì come giorno utile per esprimere il voto, è evidente che ha fatto una scelta – sottolinea l’ex candidato –. Noi eravamo una piccola barca che si è trovata di fronte una portaerei: è evidente che c’era un grosso movimento per sostenere il sindaco uscente. La Regione, per esempio, ha sbloccato tutte le inauguraziooni nell’ultima settimana. Ci hanno chiamato alla televisione ma per parlare dello stadio: agli intervistatori chiedevo che mi facessero domande anche su come fosse possibile creare lavoro e invece non è successo. Adesso mi stanno chiedendo di andare avanti: quello che accadrà in ottobre col referendum è di fondamentale interesse per l’Italia. Se passerà il sì, noi regione a statuto speciale perderemo l’autonomia e io so bene cosa vuol dire. Per bloccare l’invio in Sardegna delle scorie radioattive usammo l’unica arma che avevamo: la nostra autonomia.
Ci serve l’autonomia perché la Sardegna ha caratteristiche che possono convincere a sceglierci per il deposito delle scorie radioattive. La ministra Boschi l’ha detto: vari sindaci, compreso Zedda, sono stati scelti per portare avanti i programmi del Governo, altro che elezioni locali».