Rassegna Stampa

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Sel e Pd alleati. Zedda l’ultimo degli “arancioni”

Fonte: web cagliaripad.it
8 giugno 2016

 

 


Ansa News


 

L’ultimo degli “arancioni”. E' l'unico 'superstite' della cosiddetta rivoluzione arancione: nel 2011 una pattuglia di sindaci si presentò all'elettorato con una formula anti Cav che fece storcere il naso a molti. Ma che risultò vincente, almeno in quella tornata amministrativa: Pisapia a Milano, Doria a Genova e Zedda a Cagliari conquistarono le rispettive città con una larga coalizione di centrosinistra che teneva ben agganciata tutta la sinistra.
Cinque anni dopo, sembra preistoria politica: naufragate le Giunte di Milano e Genova, solo il giovane sindaco di Cagliari, Massimo Zedda, è riuscito a tenere in piedi il 'suo' laboratorio, certamente difficile da esportare in altre grandi città, ma un esperimento da guardare con rispetto, soprattutto dopo la recente riforma degli enti locali in Sardegna che ha portato all'istituzione di Cagliari città metropolitana. Un punto di riferimento anche oggi, nonostante la diaspora della sinistra a livello nazionale e gli accordi più o meno palesi a Roma tra il Pd e pezzi della destra.
La vittoria di Zedda al primo turno, unico nei grandi centri chiamati al voto ad aver superato il quorum del 50 per cento più uno, ha il sapore di un rivincita sul fallimento che ha caratterizzato altrove analoghe esperienze di coalizione allargata. L'esponente di Sel ha avuto la certezza del bis solo intorno alle 15.30: a scrutinio completato si vede così riconoscere una percentuale del 50,9 pari a 39.900 preferenze contro il 32,3 - 25.305 preferenze - dello sfidante del centrodestra, l'ex senatore di Fi e Pdl Piergiorgio Massidda.
Che mette il dito sulla piaga: "Ci siamo scontrati contro una corazzata di centrosinistra e pezzi di centrodestra, noi al confronto eravamo con una barchetta", spiega denunciando come Zedda abbia 'imbarcato' anche il Pds'Az, già alleato del centrodestra.
Per tutta la notte Zedda è rimasto nel suo studio in Municipio, a Palazzo Bacaredda. Ma non ha rilasciato alcuna dichiarazione: troppo risicato il margine di vantaggio sull'avversario per cantare subito vittoria. Lo ha fatto a risultato acquisito, scendendo nell'atrio davanti all'aula del Consiglio comunale dove tutti i giornalisti lo stavano aspettando da ore. "Uniti si vince, se si è separati in casa si rischia di perdere", il suo primo commento. "Dove non è successo - argomenta - indubbiamente non hanno aiutato le lacerazioni.
Noi abbiamo cercato di tenere unita la coalizione sugli impegni presi con i cagliaritani e in particolare sugli obiettivi: ci siamo concentrati sul lavoro per la città che amiamo". Quanto al rapporto tra Pd e Sel che, a differenza di altre città, a Cagliari ha funzionato, Zedda sottolinea: "abbiamo registrato un approccio sincero e leale da parte del Pd". Quindi confessa: "Mi aspettavo di vincere al primo turno, l'avevo capito nei giorni scorsi osservando le persone che mi sorridevano". Il successo lo dedica alla madre ("da tre mesi è in ospedale") e precisa di non aver sentito Renzi ma solo il sottosegretario Lotti via Whatsapp: "Mi ha scritto 'Lavoriamo per Cagliari'". Del premier dice di apprezzare la scelta di non venire in città per la campagna elettorale. "Non aveva senso una passerella senza portare risultati concreti", chiarisce Zedda. E sul mancato 'sfondamento' del Movimento 5 stelle (la candidata Maria Antonietta Martinez si è fermata sotto il 10%) non ha dubbi: "Noi prima di loro abbiamo messo in campo tutte quelle azioni di taglio delle spese superflue, scelte di stile e sobrietà nel governo delle risorse pubbliche. Aver rinunciato al vitalizio, a feste di rappresentanza, sono servite a conquistare la fiducia di un elettorato scontento, che ha in odio le istituzioni e la politica perché le percepisce come distanti".