Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

Cercano solo un futuro migliore

Fonte: L'Unione Sarda
24 maggio 2016

 Siccome un giorno ci chiederete, voi attuali piccoli sardi di due o tre anni, com'è stato possibile che ancora negli anni Dieci del Duemila un certo numero di uomini e donne adulti di quest'isola scrivessero sui social network frasi terribili su chi va a cercare fortuna lontano da casa, augurandosi ribaltamenti di barconi ed espulsioni di massa; siccome un giorno ce lo chiederete, vi rispondo subito: non lo so. È un mistero.
Perché in teoria è facilissimo, da capire: arrivi in piazza Yenne e guardi davanti a te: c'è il mare. Ecco perché la gente arriva qui: perché ci bagna il mare, e ovunque nel mondo chi si trova davanti il mare comincia a pensare Chissà cosa potrei trovare dall'altra parte, chissà se c'è un futuro migliore ad accogliermi da qualche parte. E se hai dei bambini, per esempio, e se nel tuo Paese è pieno di gente che muore per fame, malattie curabilissime e mancate vaccinazioni; se nel tuo Paese gli ospedali sono in condizioni penose e il salario medio è di un dollaro al giorno, allora magari andare a vendere collanine in una spiaggia europea per guadagnare qualche centinaio di euro al mese; magari per poi provare a raggiungere una città del nord in cui lavorare in fabbrica; magari tutto questo ti può sembrare una buona idea, o l'unica opzione possibile per costruirti un futuro.
E se ti metti in piazza Yenne e guardi il mare, a dire il vero, un'altra idea dovrebbe nascere nella tua mente: quello stesso mare noi sardi l'abbiamo sempre affrontato, e lo continuiamo ad affrontare oggi, per lo stesso motivo per cui tanti sfortunati del mondo arrivano qui: per cercare una sorte migliore. E non l'abbiamo mai fatto con leggerezza, mai. E infatti abbiamo creato circoli di sardi in tutto il mondo, e ci siamo riuniti per anni per trovare conforto nelle rispettive lontananze, per non dimenticare chi eravamo e da dove venivamo, per illuderci che un giorno saremo tornati a Triei o Selargius, che un giorno saremo tornati dai nostri amici d'infanzia, dai nostri antichi amori, dai parenti rimasti a San Benedetto o a Pirri.
E dunque, come si fa a non vedere che ognuno di quegli uomini e di quelle donne sta provando a fare quel che abbiamo sempre fatto anche noi, e che continuano a fare ancora oggi? Come si fa? E chi lo sa. Il vostro stupore futuro, babballotti, è anche il nostro attuale. Portiamo pazienza.