Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

Amico sincero, un uomo integro

Fonte: L'Unione Sarda
16 maggio 2016


 

 

A Nuoro arrivò di primo mattino, come i Lotofagi alle navi di Ulisse, fiori compresi. Da San Sperate con i doni primaverili della terra, trentasei anni fa, il giorno dopo la liberazione del povero cronista e della moglie dal carcere di Badu 'e Carros in seguito a un arresto deciso frettolosamente dalla questura e subito annullato dalla Procura delle Repubblica. Piangeva di gioia, Pinuccio Sciola, e Giacomo Mameli sull'Unione Sarda descrisse la scena con dovizia di particolari nell'articolo del giorno successivo. Era scalzo, Sciola, quella mattina, come gli piaceva talvolta restare sfidando i sorrisi ironici degli stolti, nel ricordo della sua infanzia contadina nel paese natale. In s'ora de su bisonzu si connoschet s'amigu. Sempre. E Pinuccio è stato un amico vero in ogni occasione dell'esistenza.
Eravamo tutti schedati come sospetti sovversivi, quelli che lottavano pacificamente per la difesa della lingua sarda, e con noi l'artista de Santu Sparau. Gonario Pinna ci scherzava sopra: «Tranquilli, vi difenderò io, non avete nulla da temere». E nella lotta strenua del grande scultore per la lingua materna c'era tutta la forza fisica e morale della sua persona, con il coraggio figlio della coscienza di essere nel giusto e la lealtà con amici e avversari. Vis à vis come piaceva a lui, senza alcun timore reverenziale nei confronti di nessuno.
L'amicizia con Pinuccio risaliva a quindici anni prima e si era rafforzata nei momenti difficili. Un giorno dei primi anni Settanta mi chiamò il vicedirettore Giorgio Melis: «Domani vai a Isili, in pretura c'è un processo contro Pinuccio Sciola». L'accusa era stata mossa dal sindaco di Laconi contro il signor Cannas e l'artista: su una parete della casa di Cannas nel paese di Sant'Ignazio era comparso un murale creato da Sciola. Fortunatamente il pretore si chiamava Valerio Cicalò: nel giro di pochi minuti il magistrato emise il verdetto di assoluzione. Chiamò il signor Cannas e gli parlò in sardo: « Scusit de su disturbu, vusteti no at fatu nudda e deu dd'assolvu in prenu» . Cicalò sorrise a Sciola porgendo le scuse anche a lui. Fu quella la prima, e finora unica, sentenza in lingua sarda. A dolu mannu.
Nella settimana della Sardegna promossa dalla Regione in Germania, nel 1988 - il presidente era Mario Melis - Pinuccio Sciola fece la parte del leone, insieme con Maria Carta e Luigi Lai. Il presidente Melis era un suo ammiratore, gli piacevano molto «i segni forti di un'identità vissuta in chiave contemporanea, le sperimentazioni originali di un artista compiuto e de un'ómine intreu».
I ricordi si affollano: nessuno di noi rimasti vivi dimenticherà mai la visita al giardino dell'arte con Vittorino Fiori, Giannino Guiso, la moglie Anna Nieddu e Giorgio Pisano. Con Vittorino Fiori Sciola aveva un rapporto di tipo specialissimo - era stato il compianto “professore” a intuirne per primo il talento naturale - e grazie a lui anche noi eravamo ammessi al beneficio del privilegio.
In questi ultimi anni, appena prima e subito dopo la malattia che l'aveva colpito ma sembrava sconfitta definitivamente, Pinuccio Sciola aveva iniziato a scrivere poesie. Una bella vena nata dal sentimento profondo dell'appartenenza e dagli affetti primari (stupenda una composizione dedicata alla madre). Una terapia per lui? Sì e no, forse la ragione segreta è un'altra: alla maniera di parecchi altri artisti in campi differenti, anche Sciola si era convinto che la poiésis sia la forma di creatività primigenia del genere umano.
La notizia dell'addio di Sciola, pur temuta e respinta dal cuore di ognuno di noi da qualche giorno, è piombata nella sala “Sassu” di Thiesi come un lampo in una giornata di sole pieno, nel bel mezzo del convegno dedicato alle presenze sarde nella pittura di Aligi, con larga partecipazione di giovani delle scuole superiori. Immediato il minuto di raccoglimento deciso senza indugi dal promotore dell'iniziativa, Antonio Serra, e salutato alla fine con un applauso lungo e commosso di estremo saluto a un'anima sorella dell'artista celebrato.
Lievi e dolorose come le carezze a un bambino infermo le parole di Vicente, il figlio di Aligi Sassu: «Pinuccio era uno splendido artista e un uomo eccezionale. Per mio padre andare a trovarlo a ogni ritorno in Sardegna era un piacere fuori dall'ordinario. Il segno di Sciola ha contraddistinto una lunga stagione e l'artista è consacrato all'immortalità. Sassu lo amava molto, esattamente come amava un altro grande: Costantino Nivola».
A quell'ora, Pinuccio, amico carissimo da oltre mezzo secolo, tu eri già stato accolto e festeggiato in quel regno dove non spirano venti gelidi. Che ti abbia chiamato lassù Aligi Sassu, proprio nella giornata del ricordo affettuoso e riconoscente del suo paese d'origine? Le vie misteriose dell'arte sono infinite, quasi quanto quelle del Signore.
Paolo Pillonca