Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

La missione dell'ex senatore «Farò in fretta e bene quel che ho già fatto da Authority»

Fonte: L'Unione Sarda
13 maggio 2016

VOTO 2016. Incontro con i candidati alla carica di sindaco: Piergiorgio Massidda

 

 

 

Sette cene al giorno. Per reggerle occorrono: un fisico bestiale, una missione divina da compiere o una serie di buone ragioni per dire “ no, grazie ”. Rinunciare? È un'idea. Ma non sarebbe da lui. Piergiorgio Massidda, 17 anni da parlamentare forzista, ex Autorità portuale, presidente del Cda di Cagliari Free Zone e candidato sindaco del movimento civico Cagliari 2016 ha un metodo. «Dico sì agli inviti, però riservo non più di dieci minuti a ogni cena». È in forma, l'ex senatore sessantenne di Forza Italia: «Mi diverto. Fare politica sfinisce ma se fatta con passione appaga».
Medico, determinato («qualità che ho ereditato da mia mamma Gigliola, nobile toscana innamorata della Sardegna e di mio padre Antonio, l'unico medico che ho conosciuto con cinque specializzazioni»), è reduce da una prima parte della mattinata a cento all'ora: «Incontri, riunioni, contatti. Così da mesi, e il voto del 5 giugno è ancora lontano». Seduto al tavolo delle riunioni nella sala grande della base elettorale di via Dei Carroz («sede messa a disposizione da un nostro simpatizzante»), il leader del movimento che raggruppa quattordici liste in corsa per il Consiglio comunale («una è stata bocciata per rilievi sulle firme») e nove per la Municipalità di Pirri, governa una macchina elettorale che richiede lucidità, costanza, resistenza allo stress. Quando i suoi tre cellulari squillano a distanza di pochi secondi l'uno dall'altro, non cede ai nervi: « Pronto? Carissimo... ». I suoi più stretti collaboratori - ieri nella stanza dipinta di bianco con ficus tavoli sedie mega schermo tv tablet penne matite e santini “Massidda Sindaco” erano presenti un ingegnere, un'odontoiatra e un addetto stampa - cercano di proteggerlo come possono: « Piergiorgio? È impegnato... ».
Stanco ma soddisfatto. «È vero che la mia candidatura l'hanno chiesta i cagliaritani, cioè quelli che mi hanno detto - Piergiorgio, fai da sindaco quel che hai fatto bene e in fretta all'Autorità portuale - ma è altrettanto vero che a deciderla sono stato io. Ebbene, sì: esausto ma felice di battermi per la mia città». Lo pensa davvero, giura, anche quando si alza la mattina: «Ricordo quel che mi hanno sempre insegnato i miei genitori: ascolta la tua coscienza, fai quel che ti suggerisce la coscienza». Funzione? «Appena alzato mi guardo allo specchio e non arrossisco, la conferma che quel che faccio ogni giorno è giusto». Ogni mattina a scuola con i figli Antonio, nove anni, e i gemelli Luca e Silvia, di sette. «È una lotta con mia moglie Laura per accompagnarli a scuola, a San Benedetto». Senza volerlo, a scuola s'imbatte con babbi, mamme e piccoli fans: «I compagnetti dei miei figli mi affrontano e vogliono che batta il cinque. Per loro sono Piergiorgio ». E per i loro genitori? «Anche il candidato a sindaco. Molti sono simpatizzanti, alcuni sono entrati nelle mie liste».
Al mattino, per un candidato a sindaco, c'è lo spazio per le riflessioni. Ripensamenti? «Dubbi ne ho tutti i giorni. Ma ho forza e determinazione sufficienti per andare avanti. Ho il conforto dell'appoggio di mia moglie e dei miei figli. Prima speravano amorevolmente che perdessi alle elezioni per potermi avere sempre con loro, ora invece mi sostengono, fanno il tifo per me». Di essere un tifoso non lo nasconde neppure lui: lo scudetto rossoblù brilla sulla sinistra della giacca. «Simboleggia quel che ho annunciato quando mi sono candidato: avrei smesso la maglia dell'appartenenza partitica per indossare quella rossoblù, della città».
I cellulari continuano a squillare. Chiamano candidati, personalità della politica, del mondo economico. Non è nostalgico, non rimpiange gli anni romani trascorsi in Parlamento. «C'è un tempo per ogni cosa, e quella stagione appartiene al passato. Ma credo di poter dire di non essere cambiato. Sa cosa mi dicono i miei elettori e, in genere, le persone che incontro ogni mattina al mercato di San Benedetto? Che apprezzano la caratteristica che io stesso riconosco in me prevalente: l'umanità, lo slancio sincero verso gli altri. Sarà che sono un medico. Ma è certo che tanti anni trascorsi a Roma non hanno cambiato la mia natura». Sembra cedere a un pensiero insistente: «Ho un piccolo rimpianto, avrei potuto fare di più, se ne avessi avuto l'opportunità, per la Sardegna. Ma in Parlamento si partecipa all'elaborazione delle leggi anche con pareri, con un voto».
Decisionista. «Da Autorità portuale ho fatto in pochi mesi quel che avrei potuto realizzare in un paio d'anni». Ne è certo, metodo applicabile al Comune: «Quel che ho notato a malincuore è la mancanza di programmazione dell'amministrazione. Certo, l'abbellimento delle piazze, i progetti realizzati sono importanti ma tutto era stato previsto dalla Giunta Floris. Il sindaco Massimo Zedda ha avuto il merito di accelerare gli interventi - ma non nel caso dell'Anfiteatro - di completare quel che era stato immaginato da altri».
Confessa di sentirsi già vincitore. «Il gran numero di liste civiche che ho potuto presentare a sostegno della mia candidatura a sindaco dimostrano che tanta gente, pur di far parte del mio progetto, ha scelto di esserci». Tutti disinteressatamente? «Nessuno mi ha chiesto niente. Si è detto che l'adesione di Pierpaolo Vargiu al nostro progetto, per esempio, fosse il risultato di un accordo su futuri ruoli in Giunta. Non è così». Vuol far credere di non aver disegnano la sua Giunta? «Ne immagino il profilo, ma la vittoria al ballottaggio deve essere ancora centrata». Se dovesse perdere la sfida? «Confido sull'onda lunga del mio movimento civico. Io, in fondo, amo fare politica ma questo - in vista di futuri impegni e scenari - non vuol dire necessariamente vedersi in prima fila». Questo domani. Ma oggi? «Ho una squadra che crede nella vittoria, e io ne sono la guida, l'allenatore che farà di tutto per vincere lo scudetto».