Rassegna Stampa

La Nuova Sardegna

Moby Prince, dopo 25 anni i familiari non si arrendono

Fonte: La Nuova Sardegna
7 aprile 2016


I parenti delle vittime a Cagliari: «Continueremo a lottare». Lai: il governo si impegni. La commissione d’inchiesta chiede nuove consulenze, indagano Ris e Finanza
di Stefano Ambu
 

CAGLIARI. A 25 anni dallo spaventoso rogo con 140 morti, i familiari delle vittime della Moby Prince hanno partecipato a una commemorazione nell’aula del consiglio comunale di Cagliari. È stata anche l’occasione per fare il punto sull’attività della commissione parlamentare d’inchiesta e sulle nuove indagini del Ris e della guardia di finanza. Il reparto scientifico dei carabinieri per scoprire che cosa accadde il 10 aprile del 1991. Le Fiamme gialle – mai intervenute nell’inchiesta e scelte per la loro «terzietà» rispetto alle indagini – per cercare di capire che cosa avvenne al momento della collisione.


Sono le due consulenze richieste dalla commissione parlamentare. L’unica cosa davvero certa di quella sera di 25 anni fa davanti al porto di Livorno è che i parenti delle vittime continueranno a lottare per conoscere la verità. È la promessa, praticamente una sfida, di Luchino Chessa, da anni portavoce dell’associazione 10 aprile e figlio del comandante della nave Ugo Chessa, scomparso nel rogo dopo lo scontro con la petroliera Abruzzo. Una eredità di lotta ribadita ieri a Cagliari nel corso della giornata di commemorazione. Una battaglia che si preannuncia infinita sino a quando, dalla nebbia, non spunterà qualcosa di diverso da quello che è emerso durante il processo. Già, dalla nebbia. Perché quello, al di là delle metafore, è, dal punto di visto meteorologico e giudiziario (c’era o non c’era?), uno dei possibili punti chiave della vicenda Moby Prince, la nave della morte. Sì, della morte di 140 persone: gente che lavorava lì dentro, gente che andava in Sardegna in vacanza, gente che nell’isola tornava per rifarsi una vita. Emozioni, rabbia e lacrime ancora vive.
«Per noi la commissione d’inchiesta – ha detto Chessa – rimane l’ultima speranza. Quando non ce la faremo noi, saranno i nostri figli e i nostri nipoti a continuare». Ieri nell’aula del consiglio comunale c’era anche il presidente Silvio Lai. Che ha concluso il suo intervento impegnandosi a chiedere al governo lo stesso impegno che sta mettendo in campo per conoscere la verità su Regeni, il ricercatore ucciso in Egitto. Prima aveva annunciato l’intervento di Ris e Finanza. «Consulenze istituzionali – ha detto– che richiedono tempo, ma la commissione non è ferma. Si sta occupando di un terzo elemento, i soccorsi». Già i soccorsi: tutti salvi quelli della petroliera, tutti morti tranne un mozzo nella Moby Prince.
«Dicono che sono morti tutti nel giro di pochi minuti – ha detto Chessa – ma noi abbiamo ragione di credere che per molti la morte sia arrivata anche dopo sei ore». La testimonianza dell’unico superstite è stato uno dei momenti più intensi della video inchiesta del giornalista della Rai Paolo Mastino proiettata in aulanell’aula consiliare: «Sono rimasto appeso due ore prima di essere salvato dai soccorritori». Due ore. Anche la video inchiesta – ha annunciato Lai – sarà acquisita dalla commissione, che nel frattempo ha già incontrato le due associazioni di parenti delle vittime ed è stata a Livorno. «C’è tanta gente – ha detto Lai – che vuole parlare con noi: tanti si stanno facendo avanti perché non sono mai stati sentiti o ritengono di dover aggiungere nuovi elementi». I parenti delle vittime, ieri in aula con una maglietta rossa, sono convinti che ci siano delle speranze sui possibili sviluppi. Lo dicono Maria Rosaria ed Elia Furcas, sorella e fratello di Daniele, morto con la moglie su quella nave, e anche Chessa. Sono intervenuti il sindaco di Cagliari Massimo Zedda, il consigliere comunale Andrea Scano e l’assessore regionale Cristiano Erriu, che ha confermato l’impegno della Regione per far sì che la tragedia non venga dimenticata. Presenti anche i parlamentari Emilio Floris e Luciano Uras.