Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

L'errore e la bellezza «Sbagliate, ragazzi»

Fonte: L'Unione Sarda
6 aprile 2016


Un pomeriggio, al Conservatorio, con Ezio Bosso

 

N on dice mai suonare. Dice mettere le mani. E la testa, e il cuore. Quello di cui non parla durante le tre ore e mezzo di incontro con le allieve e gli allievi del Conservatorio di musica di piazza Porrino, a Cagliari. Dapprima seduto penzoloni sul bordo del palcoscenico, poi, con un abile guizzo di cui ironicamente si compiace, sulla sedia a rotelle, Ezio Bosso tiene una masterclass di composizione ricca di emozioni e spunti divertenti.
«Sono un aiuto pilota, non un maestro», si schermisce. Affettuoso, severo, solidale, ascolta con attenzione, bacchetta i troppi allievi che si presentano senza spartito («è la mappa di tutto»), indaga sulle loro conoscenze di storia della musica, li invita a non avere paura degli errori, li incita a lasciarsi andare. A non pensare alla prestazione, ma a divertirsi.
C'è una parola che definisce l'incontro tra Bosso e i ragazzi, ed è bellezza. La bellezza di un uomo che non nasconde la sua Sla, ma non se ne fa neppure scudo. Ce l'ha e basta. Lo costringe a salti mortali sulla sedia a rotelle, gli suggerisce ogni mezz'ora di ritirarsi nel backstage a prender fiato, gli fa dire senza mezzi termini: «Ragazzi niente flash se non volete che mi venga un attacco epilettico. E niente telefonini, a meno che non mi consentiate di rispondere». Da un lato decine di adolescenti riservati, preparati, pieni di dubbi, o forse anche di certezze. Dall'altro lui, che domani aprirà proprio qui, all'Auditorium di Cagliari, il suo tournazionale. Due tappe, giovedì e venerdì, alle 21, promosse da Sardegna Concerti in collaborazione col Cedac, che hanno già registrato il tutto esaurito. Proporrà il suo primo album per piano solo, il compositore piemontese, che ha fatto tanta musica da camera. «Ho tolto la rete di protezione». Ma solo non è: «Soli non siamo, quando suoniamo. E sapete, suona anche chi ascolta. La musica si fa insieme e si deve fare bene».
«Chi muove le mani adesso?», invita i ragazzi. Non per giudicarli, né per lodarli. Semplicemente per prestare loro ascolto, per consentire loro di sbagliare, di mettersi in discussione, di divertirsi. La musica è tutto questo. È rigore, ma è anche gioia, e trasgressione. «Pazienza se sbagliamo, pazienza se andiamo oltre. Far musica è anche sapere di chi ci stiamo occupando, è conoscere il mondo in cui quella musica è nata. È andare oltre».
La musica comincia sempre molto prima, dice alla piccola Giulia, 12 anni, che esordisce piena di paure. «Siamo tutti qui, per studiare, e già essere seduti al piano significa suonare. Mettersi in quella lunghezza d'onda. Io non sono bravo, sono un cagnaccio», commenta. E continua, a dire della musica che è un'amica, a spingere Giulia, e tutti quelli che la seguiranno, a non avere paura. A fidarsi di se stessi, e di quella formidabile mappa che è la partitura («ma vi avverto, non pubblicherò mai le mie partiture. Io dico che dobbiamo pubblicare Bach, ed evitare Bosso»). Scherza spesso sugli amici jazzisti, si commuove di fronte a «papà Beethoven», «mi ha insegnato la libertà», e infine, grazie a un assist dell'ultima allieva che gli propone “Lezioni di piano” di Michael Nyman, introduce finalmente il cuore, quello tenuto a bada per tutta la serata ma così presente, e decisivo. Cita la poesia “The Heart Asks pleasure first” e invita tutti a leggerla. «Il cuore chiede il piacere - dapprima/ E poi - l'esenzione dalla pena/E poi - quei piccoli lenimenti/Che attenuano la sofferenza/ E poi - addormentarsi /E poi - se questa fosse/La volontà del suo Inquisitore/ Il privilegio di morire». È Emily Dickinson, ed è Ezio Bosso. Con il suo coraggio, la sua arte, la sua travolgente umanità.
Maria Paola Masala