Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

Tecnica, eleganza, passione

Fonte: L'Unione Sarda
4 aprile 2016

L'OPERA. “La campana sommersa” di Respighi al Teatro Lirico di Cagliari

 

 

«In quella strana mescolanza di umanità e favola, io sentivo aleggiare la musica». Così Ottorino Respighi espresse il suo entusiasmo per Die versunkene Glocke, poema di Hauptmann che il maestro affidò a Claudio Guastalla per trarne il libretto de “La campana sommersa”, rappresentata per la prima volta ad Amburgo nel 1927 e riproposta (scelta audace, ma vincente del team Orazi-Meli) dal Lirico di Cagliari per l'apertura della stagione operistica 2016.
In gran spolvero l'orchestra diretta da Donato Renzetti, abile a valorizzare una partitura in cui la raffinatezza del sinfonismo respighiano si allinea alle esigenze della scena e del canto. L'ambizione è di respiro mitteleuropeo, i padri nobili sono Strauss e Wagner ma il tocco - italianissimo - è quello di un artista dalla tecnica sopraffina, non votato al verismo imperante agli inizi del Novecento.
Promossi i cantanti, su tutti Valentina Farcas nei panni di Rautendelein, fata-bambina nata dall'acqua: soprano di coloratura, ha mantenuto freschezza e precisione lungo i quattro atti, ben affiancata da Angelo Villari nel ruolo di Enrico, il costruttore di campane. Tenore lirico spinto, bel timbro ed estensione notevole, ha convinto anche come attore. Un gradino sotto la prova di Maria Luigia Borsi, una Magda sopraffatta dalle ambizioni di eternità del marito Enrico. Apprezzati anche il Curato, interpretato con voce da basso cantabile da Dario Russo, e il mezzosoprano Agostina Smimmero, la Strega, potente e agile nel fraseggio. Bene anche Filippo Adami (il Fauno), Nicola Ebau e Marco Secci (Il Maestro e il Barbiere) e gli altri comprimari. Menzione speciale per il baritono Thomas Gazheli, un Ondino ricoperto di squame verde ramarro, e per le voci bianche istruite da Enrico Di Maira. Complice anche la genialità delle scene di Juan Guillermo Nova e dei costumi di Marco Nateri, la regia di Pier Francesco Maestrini è piaciuta per l'aggraziata coerenza dei rimandi tra sogno e realtà, il cui simbolismo (il paganesimo caotico e sensuale che rifiuta i paletti della morale cristiana, il fato che ammonisce sulla responsabilità delle azioni umane) si cela tra le pieghe della fiaba. Scelta vincente, dunque. Le luci della ribalta operistica sono di nuovo puntate su Cagliari.
Fabio Marcello