Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

Nuovo porto peschereccio, gli archeosub tornano in mare

Fonte: L'Unione Sarda
4 aprile 2016

SANT'ELIA. Indagini sul relitto inglese che trasportava lastre d'ardesia

 

 

Questione di giorni. Davanti al piccolo approdo di Sant'Elia, nello specchio di mare che ospiterà il nuovo porto peschereccio della borgata, torneranno gli archeologi subacquei della Soprintendenza per completare il lavoro di ricerca e prospezione interrotto quasi due anni fa. Un intervento imposto dalle norme di tutela del patrimonio storico sommerso per evitare, sin dove è possibile, che eventuali siti antichi possano essere cancellati per sempre dalle nuove opere. E lì, lungo questo tratto di costa, a meno di centocinquanta metri dal lungomare e su un fondale di due metri, di emergenze subacquee ce ne sono eccome, a cominciare dal relitto di un'antica nave di fine 1500 presumibilmente inglese.
Tutti gli indizi raccolti dagli archeosub durante le indagini del 2007-2010 e la campagna di scavo portano infatti all'Inghilterra. Le tecniche costruttive dello scafo, il possente legno di quercia con cui sono state realizzate chiglia, ordinate, madieri e alcuni altri particolari non certo secondari come una minuscola pipa da tabacco in ceramica recuperata tra le costole dell'imbarcazione, non lasciano dubbi.
Il condizionale è comunque d'obbligo. Per avere certezza sulla vera nazionalità della nave ci vorranno altri studi, altre conferme. «La pipetta, di dimensioni piuttosto piccole e con il fornello inclinato in avanti a formare un angolo ottuso con la cannula, rimanda alle prime pipe realizzate in Europa, in Inghilterra e in Olanda, quando il tabacco importato dalla Compagnia delle Indie era ancora utilizzato in modo assolutamente modesto. Stiano parlando dell'ultimo decennio del Cinquecento e i primi del Seicento. Solo dopo il 1620 il mercato esplose, e anche le pipe da tabacco divennero ben più grandi», racconta Ignazio Sanna, l'archeologo subacqueo e direttore degli scavi a Sant'Elia che portarono alla scoperta. «Non del relitto, che già era conosciuto da tempo, ma del contesto in cui la nave riposa».
L'area antistante la passeggiata a mare di Sant'Elia, o meglio la secca sommersa, non ha regalato solo le testimonianze sulla nave affondata, ma anche altro materiale ben più antico. «Le ricerche subacquee svolte dal 2007 al 2010 e gli scavi fatti durante il cantiere di due settimane sempre del 2010 - ricorda Sanna - hanno permesso di recuperare parecchi frammenti di anfore di epoca romana imperiale trasportate dalle correnti e dalle mareggiate di scirocco sulla secca già occupata dal relitto. Naturalmente durante quella prima prospezione ci siamo soffermati principalmente sui resti della grossa nave in parte affiorante e in gran parte ancora nascosta sotto i sedimenti e le matte della posidonia oceanica. Stiamo parlando di uno scafo lungo una trentina di metri e largo sei e mezzo. Ovviamente la larghezza reale della nave prima dell'affondamento era superiore».
L'esame del legname ha permesso agli archeologi di appurare che a bordo dell'imbarcazione era scoppiato un grosso incendio, forse responsabile dell'inabissamento. Un rogo piuttosto violento che aveva lasciato i segni sui legni ma anche sul vasellame vitreo colorato di bicchieri e boccali, fusi dal calore delle fiamme.
Il sito sommerso ha restituito anche numerose lastre di ardesia grigio-argentea. Molte, in perfetto stato di conservazione, sono state recuperate dai sub ed esaminate al microscopio. Bisognava scoprire l'origine del materiale. Tra le ipotesi, le provenienze ligure e gallese sono state scartate e ha preso piede quella nord iberica. «Anche per questo, per la notevole quantità di lastre d'ardesia, resta qualche dubbio sulla vera nazionalità della nave che potrebbe anche essere spagnola», spiega Ignazio Sanna. Mistero che le nuove indagini dovranno svelare.
Magari prima dell'avvio dei lavori che dovranno rinchiudere la secca e il relitto dentro il bacino del nuovo porticciolo che dovrà ospitare una cinquantina di imbarcazioni della piccola pesca artigianale costiera. L'appalto è già stato assegnato e solo dopo l'indagine archeologica e il benestare della Soprintendenza si potrà procedere verso il progetto esecutivo e il via all'opera.
Andrea Piras