Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

La città che prega Allah Due moschee, 3.500 fedeli. «E zero integralisti»

Fonte: L'Unione Sarda
30 marzo 2016

Viaggio nella comunità islamica. Zaher: sarei il primo a denunciare 

«Quando ero piccolo e andavo alle elementari i compagni mi chiamavano sempre, mi invitavano alle feste di compleanno. Ora che sono alle medie, neanche mi salutano». Parole di un ragazzino di origini pachistane raccolte da una delle operatrici delle associazioni che, nel quartiere Marina, non si stancano di tessere la faticosa tela dell'integrazione. Parole dette in confidenza, una condizione difficile da conquistare. Soprattutto in tempi in cui, sulla spinta emotiva dei terribili attentati che insanguinano Africa, Asia e, sempre più spesso, Europa, rischia di creare barriere fra “noi” e “loro”, dove “loro” sta per musulmani.
I NUMERI A Cagliari vivono oltre 3.500 dei circa 13 mila islamici che abitano in Sardegna. A fornire i numeri è Omar Zaher, palestinese che a Cagliari vive da 35 anni, ci si è laureato («in Farmacia, specializzazione Tossicologia e Farmacologia») ed è stato eletto consigliere provinciale (ora è consigliere comunale a Selargius), portavoce della comunità musulmana. «In provincia di Cagliari siamo circa 5.000», calcola. Uomini e donne che vengono da Bangladesh, Senegal, Marocco, Pachistan. Orientamento largamente prevalente: sunnita.
FORZE DELL'ORDINE Una comunità pacifica, confermano Questura e Comando dei carabinieri che pure, dopo Parigi e Bruxelles, ammettono di avere intensificato l'attenzione: «Mai stati problemi, mai evidenziate tracce di integralismo». Non pervenuti i wahabiti (o salafiti), l'ala più oltranzista all'interno dell'islam sunnita, quella che propugna un'interpretazione letterale del Corano (respingendo secoli di teologia e giurisprudenza) e ritiene pagani tutti quelli che praticano in maniera diversa dalla loro: è l'area all'interno della quale si sono formate le fazioni più sanguinarie, da Osama Bin Laden ai talebani fino alla tendenza deviante dell'Isis (deviante perché, rispetto al resto dei wahhabiti, non riconosce il ruolo di guida del re saudita).
L'OBIETTIVO DEI TERRORISTI «Sarei il primo a denunciare alle autorità il minimo segnale di fanatismo», afferma Zaher: «Il nostro obiettivo è pregare e integrarci». Un obiettivo reso più difficile dagli attentati messi in atto da quelli che il docente francese Olivier Roy, esperto di islam, ha definito «giovani europei radicalizzati», ladruncoli e spacciatori cresciuti in quartieri poveri, senza prospettive, figli di un'integrazione mancata che nella bandiera del Califfato hanno trovato, per la prima volta, un senso alle loro vite. «A farsi esplodere - traduce Omar - sono i falliti, quelli che non ce la fanno. Non hanno nulla a che fare con l'islam, che è una religione tranquilla, come cristianesimo ed ebraismo. Eppure c'è chi, come Salvini, alimenta le paure per dividere: che è proprio lo scopo dei terroristi».
MARINA Il quartiere a più alto tasso islamico è la Marina, dove si trova una delle due moschee cittadine: quella di via del Collegio, capienza 150 posti circa. Peccato che il venerdì si presentino anche 700 fedeli, che sono costretti a pregare per strada. «E per fortuna che i cagliaritani sono tolleranti e hanno capito il nostro problema», sorride Zaher. L'altra moschea è a Monte Claro. Poi ce ne sono una a Quartu e una a Villasor. «Per tutte, paghiamo l'affitto».
SPAZI Gli spazi sono un problema. Non solo quelli per pregare ma quelli in cui ritrovarsi e socializzare. Magari attraverso lo sport. Fondamentale è il ruolo della scuola, dove convivono bambini nati da genitori occidentali e bambini figli di immigrati. Fra questi ultimi, in Belgio, solo il 72 per cento arriva al diploma di scuola media. Una percentuale che a Cagliari, assicura Zaher, è più alta. In più le scuole del capoluogo sardo offrono alternative valide all'ora di religione e nelle mense c'è rispetto per chi non mangia carne di maiale. Certo, se anche alle medie continuassero ad arrivare gli inviti per le feste di compleanno sarebbe un bel passo in avanti.
Marco Noce